quinta-feira, 11 de dezembro de 2014

Il pensiero di Padre Pio . A cura di Padre Stefano M. Manelli, FI

Il pensiero di Padre Pio 
L'unico, vero bene
Soltanto Dio è l'infinito Bene, tutto il Bene. Tutto ciò che è bene, ogni altro bene non può essere che Bene, anzi l'unico Bene. Per questo Dio ci ha fatti per sé e ci ha dato il primo e massimo comandamento, quello di amare Lui "con tutto il cuore, con tutta la mente, con tutte le forze" (mc 12,30)
Amando Lui, noi amiamo il nostro unico e vero Bene infinito. Padre Pio ci insegna, difatti, che "il primo moto del nostro cuore è quello di andare a Dio, che altro non è se non amare il suo proprio e vero bene". Ciò vuol dire che soltanto amando Dio si realizza se stessi, solo nell'amare Dio si realizza se stessi, e l'amare Dio "con tutto il cuore, con tutta la mente, con tutte le forze" fa possedere la totalità del Bene che è soltanto Dio. Quanta insensatezza c'è in noi ogni volta che cerchiamo il bene al di fuori di Colui che è tutto Bene! Ci disperdiamo e ci consumiamo dietro i beni apparenti e aleatori, perdendo di vista Colui che è l'unico e infinito Bene eterno. Ci illudiamo, anzi - e così facilmente! - che possedere e amare le cose di questo mondo possa costituire tutto il nostro bene, e ci affanniamo ad amare le cose di quaggiù e ci rammarichiamo se non le abbiamo o se le perdiamo, senza renderci conto che il nostro "proprio e vero bene", come dice Padre Pio, è soltanto l'amore e l'unione con Dio. Dobbiamo liberare il nostro cuore dai molti lacci che lo legano alle cose terrene, alle voglie e passioni umane, ai gusti e godimenti di questa terra, per muoverlo e impegnarlo ad "andare a Dio", ad amare le cose divine che sono l'unico "proprio e vero bene", ossia la nostra felicità, la nostra perfezione. Carità divina, amore divino, bene divino: sono questi la vera, duratura, eterna ricchezza che il Signore vuole farci possedere fin da questa vita terrena e temporanea, pur fra le difficoltà e le tribolazioni di cui è ricca la nostra terra di esilio, terra di triboli e spine. La carità, ossia l'amore divino, ci purifica e ci santifica, ci eleva e e ci perfeziona nell'unione con Dio. Per questo, come scrive Padre Pio, "a buona ragione la carità viene detta dalla sacra Scrittura vincolo di perfezione", e dobbiamo lasciarci penetrare, possedere e avvolgere da questo divino vincolo (cf Col 3,14)
Dal Settimanale di Padre Pio
A cura di Padre Stefano M. Manelli, FI
La crociata di Padre Pio contro la moda indecente
Padre Pio aveva molto a cuore la virtù della purezza, messa, già a quei tempi, a dura prova dalle prime minigonne ed abiti a maniche corte. Egli era, infatti, ben consapevole degli effetti nefasti della moda indecente, che induce molte anime ad acconsentire al peccato grave.
Pio esercitò durante tutta la sua vita la virtù della purezza in grado eroico e, conoscendone il sommo valore per il raggiungimento del Regno dei Cieli, voleva che anche gli altri la conservassero intatta da ogni contaminazione di peccato e la custodissero gelosamente. Della donna Padre Pio aveva un concetto altissimo e ciò lo spingeva a denunciare tutto ciò che denigrava e sviliva la dignità femminile e che riduceva la donna ad un puro oggetto di piacere, in particolare la moda. Già prima degli anni sessanta, quando ancora non imperava la moda delle minigonne lanciata da Mary Quant, prevedendo le future tendenze della moda che avrebbero svestito le donne, Padre Pio si preoccupava di instillare in loro l'amore alla modestia e la decenza nel vestire. Esigeva quindi in modo intransigente che le donne fossero vestite decentemente, come conviene a persone timorate di Dio, prendendo come riferimento di condotta la Madonna, insigne modello di purezza liliale. Il Santo soffrì molto per le mode scandalose, che definiva «un tremendo male» per le anime, perché inducono gli uomini al peccato, ai cattivi pensieri e ai torbidi desideri. Non poteva sopportare che le donne mercificassero il loro corpo vestendo in modo provocante per attirare su di sé l'attenzione maschile con le gonne sopra il ginocchio, con abiti scollati e senza maniche. E a quei tempi non si usavano ancora gli abiti trasparenti, le canottiere che lasciano scoperta la pancia, le gonne e i pantaloni aderenti... Padre Pio aveva tanto a cuore il problema della purezza che le norme di condotta cristiana riguardo all'abbigliamento diventarono anche oggetto di lettere ai suoi figli spirituali. Si legge infatti nell'Epistolario: «Le donne che cercano la vanità delle vesti non possono mai vestirsi della vita di Gesù Cristo e codeste perdono ogni ornamento dell'anima, non appena entra questo idolo nei loro cuori. Il loro abito, come vuole san Paolo, sia decentemente e modestamente ornato, però senza conciature di crini, senza oro, senza gemme, senza vesti che abbiano sentore di lusso e ostentazione di fasto». In questo, il Santo del Gargano si riallacciava mirabilmente al messaggio della Madonna di Fatima, che aveva preannunciato alla beata Giacinta, la più piccola dei tre pastorelli, la venuta di mode che avrebbero offeso Nostro Signore. Tutte le figlie spirituali di Padre Pio seguirono il suo accorato consiglio di allungare l'orlo della gonna fin sotto il polpaccio per controbilanciare, con questa loro penitenza, il male che facevano le altre donne col portare le minigonne. In confessionale, Padre Pio sbatteva molto spesso lo sportello in faccia alle penitenti che si presentavano in abiti disdicevoli alla sacralità del luogo, in gonne sopra il ginocchio e con camicette senza maniche o a maniche corte. Redarguiva con durezza anche quelle donne che, prima di presentarsi a lui, aprivano la cerniera e facevano scendere la gonna perché sembrasse più lunga. Spesso si sentivano frasi simili: «Pagliaccio...», «Vestiti da cristiana!», «Sciagurata, va ' a vestirti!», «Ti segherei le braccia... perché soffriresti di meno di quello che soffriresti in Purgatorio... le carni scoperte bruceranno!» Un giorno, una signora, per andare a confessarsi da lui, si allungò occasionalmente la gonna, ma il Santo se ne accorse e la mandò via. Il pomeriggio la stessa signora fu presentata al Padre come una grande benefattrice, ed egli dispiaciuto disse: «E io stamattina ti ho dato il benservito». Ma la signora, che aveva imparato la lezione, lo ringraziò amabilmente per la riprensione. Neppure gli uomini uscirono indenni dalla crociata di Padre Pio sulla decenza nel vestire. Ad un uomo, che era andato a confessarsi da lui in maglietta a mezze maniche, intimò con una fermezza che non ammetteva repliche: «'Vagliò, o ti allunghi le maniche o ti accorci le braccia!». Cosa direbbe oggi Padre Pio a quegli uomini che vanno in chiesa e alla Santa Messa in tenuta da spiaggia, in braghette corte e canottiera? Anche con i bambini, per un fine pedagogico, Padre Pio fu inflessibile. Una volta gli fu condotto un gruppo di bambini per ricevere la sua benedizione. Era estate e faceva molto caldo: i bambini indossavano i pantaloncini corti. Appena Padre Pio li vide in quella tenuta, li mandò via tutti dicendo loro:«Andate prima a vestirvi». Poi spiegò ai presenti: «Devono imparare da piccoli a conservare la loro dignità».
Da dove siete partiti?
 Il signor Alberto Orlando, figlio spirituale di Padre Pio, racconta che un amico, mal sopportando la sua devozione e il suo amore per Padre Pio, lo prendeva sempre in giro quando sapeva che si recava a San Giovanni Rotondo. Tutte le volte che lo incontrava gli diceva che un giorno o l'altro sarebbe andato anche lui a San Giovanni Rotondo per tirare la barba al famoso Padre Pio. Un giorno il signor Orlando, prendendo la palla al balzo lo sfidò a partire con lui per il Gargano dove si sarebbe recato il giorno dell'Ascensione. Questi accettò. lì giorno tanto atteso arrivò e alle ore sette del mattino si ritrovarono davanti alla chiesa del paese in tre-dici, poiché ad essi si erano aggiunti altri amici che volevano far benedire dal Padre le loro motociclette nuove. Finalmente dopo i saluti, partirono, ma durante il viaggio successe di tutto tanto che riuscirono ad arrivare a San Giovanni Rotondo solo alle cinque del pomeriggio, giusto in tempo per ricevere la benedizione del Padre. Quando, poi, riuscirono ad incontrare Padre Pio in privato, questi diede al signor Orlando un sonoro ceffone e presolo per un orecchio gli chiese: "Ma da dove siete partiti? Lo sapete che stavate per arrivare domani mattina? Ma ci ha pensato Padre Pio... vi ho voluto avere qui con me questa sera!... Allora da dove siete partiti?". Alla risposta che tutti ci eravamo incontrati davanti alla chiesa del paese, il Padre ci rimproverò: "E chi di voi è entrato in chiesa per salutare quella mammarella nostra?". Infatti era proprio così: nessuno di loro si era ricordato di entrare in chiesa per chiedere la benedizione della Madonna...
Conversione prodigiosa
Nel gennaio del 1842, un giovane ebreo francese, Alfonso Ratisbonne trovandosi di passaggio a Roma fu ospitato dal signor Teodoro Bussières, che da tempo pregava per la conversione del giovane, al quale era riuscito a far accettare una Medaglia Miracolosa. Un giorno, era il 20 gennaio, dovendosi recare alla chiesa di Sant’Andrea delle Fratte, il Bussières propose al Ratisbonne di attenderlo sulla soglia. Contrariamente ad ogni aspettativa, il giovane vi entrò. Con l’atteggiamento solito, cominciò a girovagare per la navata con sguardo freddo e indifferente. Improvvisamente, la Regina del Cielo gli apparve in tutto lo splendore della sua bellezza immacolata. Interrogato, il giovane ebreo racconterà: "Ero da poco nella chiesa, quando, tutto ad un tratto, mi sono sentito invaso da un turbamento indicibile. Ho alzato gli occhi: l’edificio era scomparso ai miei sguardi; una sola cappella aveva concentrato in sé tutta la luce e in quell’irradiamento è apparsa in piedi, sull’altare, grande, splendente, piena di maestà e di dolcezza la Vergine Maria, così com’è sulla Medaglia. Una forza inarrestabile mi spinse verso di Lei. La Vergine mi fece segno con la mano di inginocchiarmi e sembrava volesse dirmi: va bene! Ella non mi ha parlato ma io ho capito tutto! O mio Dio, io che mezz’ora prima bestemmiavo ancora! Io che provavo un odio così violento contro la religione cattolica!". Da quell’istante le Verità della fede cattolica traboccarono dal cuore del giovane Ratisbonne, come un intenso profumo e ai testimoni della sua istantanea conversione, presentava la Medaglia, e baciandola esclamava: "lo l’ho vista, l’ho vista, l’ho vista!".
Gesù, Re d’amore
di Pia Frani
Credere all’amore di Gesù e farlo regnare quale sovrano del proprio cuore: questo è l’augurio che Padre Pio fa a tutti coloro che vogliono essere suoi figli.
Mio carissimo Peppino,
Gesù ti guardi sempre con occhio benevolo, trionfi con la sua grazia nel tuo cuore e ti renda felice!
Ecco la sintesi dei miei voti che assiduamente vado per te facendo dinanzi al Signore. Piaccia a lui esaudirli, tutti e presto.
(..) Spero di abbracciarti presto e quindi poterti in qualche modo addimostrare quanto io ti amo nel Signore. I padri tutti m‘incaricano di ossequiarti. Da me poi abbi un forte, cordiale e fraterno abbraccio.

Aff.mo in Gesù,
 P. Pio da Pietrelcina
(Epistolario IV pp. 634-635, ed. 1998)
"Gesù trionfi con la sua grazia sul tuo cuore". Molto spesso, nella corrispondenza di Padre Pio, ricorre questo augurio. Egli, infatti, era solito, all’inizio di ogni sua lettera, augurare ai suoi figli qualche bene spirituale. In molte, egli augura che Gesù sia "Re d’amore", "Sovrano del cuore".Ogni anno, la Chiesa celebra solennemente la festa di Cristo Re dell’universo. Questa solennità deve spingere ogni cristiano a desiderare con tutto se stesso che Gesù sia il Re del suo cuore e, soprattutto, che sia un Re d’amore. In questo nostro mondo, sempre più egoista, freddo e indifferente, vi è solo una cosa che può salvare l’uomo dall’abisso di miseria in cui continuamente precipita: credere all’amore di Gesù e rispondervi con tutto se stesso. E questo, infatti, il lamento che Gesù muove all’uomo di oggi: "Vi ho amati, da sempre, fino alla grotta di Betlemme, fino alla Croce, fino all’Eucaristia. Vi ho amati senza alcun merito da parte vostra, nonostante tutti i vostri demeriti, nonostante le vostre miserie, anzi per le vostre miserie. Vi ho amato con amore di preferenza. Ho lasciato il Padre mio, il mio Cielo, i miei Angeli per venire tra voi. Vi ho amato più della mia vita perché ho dato la mia vita per voi, e quando si è data la propria vita si è dato tutto. Vi ho amato più della mia maestà. Guardate sino a quali oltraggi mi sono esposto per voi: schiaffi, spine, sputi, flagelli, fino alla Croce. Vi ho amato più della mia gloria poiché ho velato totalmente questa gloria nel Sacramento dell’amor mio, oggetto anch’esso tante volte di scherno. Vi ho amato e vi amo! E voi? Mi amate voi?". Cosa rispondere? L’uomo ama Gesù come Lui lo ha amato? E' il Re del suo cuore? Gesù, infatti, chiama, ma gli si risponde anteponendo i propri interessi, le proprie voglie e, purtroppo, i propri peccati. E Gesù aspetta. Aspetta un cenno, aspetta che gli si apra uno spiraglio del proprio cuore per entrarvi e bruciarlo del suo amore, aspetta continuamente. E un eterno "Mendicante d’amore". Egli potrebbe entrare di prepotenza in quel cuore che spesso rimane chiuso fino alla morte, ma non lo fa, perché non vuole un omaggio forzato, ma il dono libero e spontaneo del cuore: l’amore!
Sovrano del cuore
"Gesù regni sempre sovrano sul tuo cuore ed in cima a tutti i tuoi pensieri e ti conquisti con le dolci attrattive della sua divina grazia" (Padre Pio)
di Padre Stefano M.Manelli, FI
Ogni cristiano dovrebbe saper lasciare aperte le porte del proprio cuore affinché, come augura Padre Pio ai suoi figli spirituali, Gesù possa trionfarvi quale unico Re.
Padre Pio parla della regalità di Gesù in termini spirituali, amabili e sublimi. La regalità di Gesù, infatti, è regalità di amore, e si esercita soprattutto sui cuori. La regalità di Gesù è regalità di luce che irradia ogni verità, e si esercita soprattutto sulle menti. Perciò Padre Pio scrive con semplicità e chiarezza: "Gesù regni sempre sovrano sul tuo cuore ed in cima a tutti i tuoi pensieri". E non può essere che beata la creatura che lascia regnare Gesù sul suo cuore e sulla sua mente, perché il nostro cuore e la nostra mente hanno bisogno proprio di questo: dell’amore e della verità. Ma dov’è l’amore vero, l’amore puro, l’amore che non finisce mai? Dov’è la verità che non inganna, la verità limpida e trasparente come la luce? Ogni risposta a queste domande è falsa se non è la risposta che viene da Dio: soltanto Dio è "Amore" (l Gv 4,16), soltanto Dio è "Verità" (cf lTs 2,l3ss). Orbene, Gesù è Dio, e quindi è Amore infinito, è Verità assoluta. Per questo è l’unico che può regnare sempre sul nostro cuore con il suo Amore infinito, può regnare sempre sulle nostre menti con la sua Verità assoluta. Beato quel cuore ripieno e dominato dall’Amore infinito che è Gesù! Beata quella mente ripiena e dominata dalla Verità assoluta che è Gesù!Purtroppo, è solo da parte nostra che facilmente offriamo il nostro cuore ad altri "amori" che sono amori di terra, di fango, di melma idealizzandoli da sciocchi, e sperimentando, così, le più amare delusioni; è da parte nostra che facilmente offriamo la nostra mente ad altre "verità" che sono nebbie e tenebre, errori e falsità idolatrandole, e sperimentando, così, l’accecamento della mente fuori strada. Per questo Padre Pio raccomanda e spera che, contro le lusinghe lubriche della carne e contro le seducenti aberrazioni delle menti umane, Gesù conquisti il nostro cuore e la nostra mente "con le dolci attrattive della sua divina grazia". Sia Gesù il Re d’amore del nostro cuore; sia Egli il Sole della verità per la nostra mente.
Il valore della Medaglia Miracolosa
di Padre Michele M. Iorio, FI
La Medaglia Miracolosa è un dono venuto dal Cielo. E' un piccolo trattato di mariologia in cui sono racchiuse le grandi verità del mistero di Maria Santissima. Un pegno delle grazie che la Beata Vergine vuole concedere a tutti i suoi figli. Tutte le persone che la porteranno riceveranno grandi grazie; le grazie saranno più abbondanti per le persone che la porteranno con fiducia".
Queste le celebri parole con cui la Santissima Vergine, apparendo a santa Caterina Labouré il 27 novembre del 1830, assicurò alla giovane novizia la potenza straordinaria della Medaglia Miracolosa che Ella le chiedeva di far coniare e far conoscere in tutto il mondo. E chi non conosce la Medaglia Miracolosa e i prodigi e miracoli che essa ha operato fino ad oggi? Meno conosciute, invece, sono: il valore teologico ditale Medaglia e le verità che essa racchiude riguardanti il mistero di Maria Santissima: l’Immacolata Concezione, la Mediazione e la Corredenzione. Orbene, questi privilegi di Maria sono presenti simbolicamente nella Medaglia Miracolosa, così come fu fatta vedere dalla stessa Beata Vergine a santa Caterina Labouré. Per quanto riguarda l’Immacolata Concezione, nella Medaglia notiamo che la Madonna è rappresentata nell’atto di schiacciare il capo al serpente infernale, immagine che, nell’iconografia tradizionale, serve a rappresentare proprio l’immacolato Concepimento di Maria. Inoltre, intorno alla persona di Lei si legge la giaculatoria: "O Maria concepita senza peccato, prega per noi che a te ricorriamo", in cui s invoca con evidenza e fiducia la Vergine Immacolata.La Corredenzione e Mediazione di grazie si ricavano da altri interessanti particolari. Sulla Medaglia, la Madonna è rappresentata con le braccia distese e aperte, da cui scaturiscono tanti raggi che avvolgono il globo terrestre collocato ai suoi piedi. I raggi luminosi che scendono dalle mani della Beata Vergine Maria stanno a simboleggiare la continua pioggia di grazie che si riversa sull’umanità per mezzo di Maria. Sul retro della Medaglia, noi, c’è una grande M (iniziale del nome di Maria) come nello stemma papale di Giovanni Paolo II sormontata da una Croce, la quale a sua volta ha alla base una I orizzontale (iniziale del nome Iesus, Gesù); inoltre le due lettere M e I sono intersecate tra loro, probabilmente per indicare l’unione inscindibile di Gesù e Maria. Sotto, poi, sono raffigurati due cuori, quello di Gesù circondato di spine e quello di Maria trapassato da una spada. Questi segni dicono chiaramente quanto noi crediamo di Maria: Ella ha cooperato in modo unico al mistero della salvezza come Corredentrice e, in qualità di Mediatrice universale, distribuisce a tutta l’umanità la Grazia e le grazie. Per queste ragioni, la festa della Medaglia Miracolosa è particolarmente cara a tutti coloro che hanno vera devozione verso la Vergine Santa e ad essa si affidano incessantemente. La Madonna è tanto contenta di ottenerci le grazie. Ma, a Santa Caterina Labouré, la Vergine Santa disse che alcuni anelli delle sue dita non emettevano raggi, o meglio, che questi raggi non erano luminosi, a significare le grazie che non vengono concesse semplicemente perché gli uomini non le domandano. Certamente la Madonna è sempre benevola e, anzi, "liberamente al dimandar precorre", come dice Dante Alighieri nella Divina Commedia. Ma se noi, con la preghiera, le chiediamo grazie, queste saranno più abbondanti. E chi non ha bisogno di grazie? Dunque, domandiamole a Maria Immacolata Mediatrice! E allora, in occasione della festa della Medaglia Miracolosa - così chiamata proprio per l’abbondanza di grazie e miracoli che subito si verificarono per mezzo di essa domandiamo tante grazie alla Madonna Immacolata Mediatrice: grazie spirituali, che sono più importanti, e grazie materiali, grazie per noi e grazie per gli altri. Inoltre, facciamoci propagatori della Medaglia Miracolosa, dispensandola a tutti in ogni circostanza, come volevano tra gli altri san Massimiliano Maria Kolbe e la novella Beata, Madre Teresa di Calcutta, accompagnando il dono con l’offerta di preghiere e sacrifici a beneficio di chi la riceve.
"Vuotiamo il Purgatorio"
"Ti affido un tesoro: sappi tesoreggiare. Vuotiamo il Purgatorio" (Padre Pio).
di Padre Stefano M. Manelli, FI
Padre Pio nutrì un tale amore per le anime del Purgatorio che arrivò ad offrirsi vittima per la loro liberazione da quel luogo di pena. 
Padre Pio nutriva un interesse vivo e un affetto speciale per le anime purganti. Molti fatti particolari lo attestano e lo confermano via via lungo gli anni della sua lunga vita. Più importante di ogni altra fu certamente la sua offerta di "vittima" per la liberazione delle anime purganti da quel luogo di pena. L’offerta di "vittima" significò una catena di sofferenze spasmodiche che non hanno riscontro fra le sofferenze comuni agli uomini. Un altro segno della sua carità ardente verso le anime purganti era la preghiera, a cominciare da quella più importante della Santa Messa, nella quale sperimentò più volte il potere del sacrificio di Cristo nel liberare le anime dal Purgatorio. Avvenne, una mattina, che un frate cappuccino raccomandò a Padre Pio di ricordare, durante la Santa Messa, il papà che era morto trent’anni prima. Padre Pio gli rispose che preferiva applicare la Messa del giorno seguente in suffragio dell’anima del suo papà. Il giorno successivo, subito dopo la Santa Messa, Padre Pio disse al frate: "Oggi tuo papà è entrato in Paradiso!". Il frate, commosso, gli disse: "Padre Pio, sono trascorsi trent’anni di Purgatorio!". E Padre Pio: "Fratello mio, davanti a Dio tutto si paga!" Salendo e scendendo le scale del convento, Padre Pio si fermava ogni volta sul pianerottolo dove, attaccata alla parete, c’era una cassettina con dei dischetti di legno, sui quali era scritto un numero, corrispondente a diverse intenzioni di preghiera per le anime purganti. Padre Pio prendeva ogni volta un dischetto e recitava piamente una preghiera per le anime purganti, secondo l’intenzione particolare espressa dal numero del dischetto (ad esempio: per le anime più abbandonate, per le anime più sofferenti, per le anime dei sacerdoti e dei consacrati, ecc.). Ma la preghiera che più di tutte Padre Pio adoperava e raccomandava in suffragio delle anime purganti era certamente la preghiera del Rosario. Chi non potrebbe avere, infatti, una corona del Rosario fra le mani e recitarla in suffragio delle anime del Purgatorio? Padre Pio considerava il Rosario come un gioiello da tesoreggiare particolarmente per liberare le anime dal Purgatorio. Per questo, una volta, donando una corona del Rosario ad un’anima, disse: "Ti affido un tesoro sappi tesoreggiare. Vuotiamo il Purgatorio". La preoccupazione e l’ansia di Padre Pio per liberare le anime dal Purgatorio erano legate alla verità delle terribili sofferenze che le anime patiscono in questo luogo pagando i debiti dei loro peccati.
"La devozione alle anime purganti"
La devozione di Padre Pio per le anime del Purgatorio era saldamente fondata sulla fede nel dogma della Comunione dei Santi.
di Cristina de Angelis
Padre Pio ha incentrato tutto l' edificio della sua vita spirituale sui principi della fede e li ha tradotti in opere pratiche.Tra questi, degno di nota è la sua straordinaria devozione alle anime purganti, fondata sul dogma della Comunione dei Santi. Devozione che lo portò ad offrirsi vittima per le anime del Purgatorio, da lui ricordate in ogni Santa Messa. Per queste anime sante, elevava ferventi preghiere e suppliche. Spesso, lungo i corridoi del convento, lo si sentiva recitare per esse giaculatorie e requiem, secondo le intenzioni suggerite-gli da una pagella intitolata "Modo facile di suffragare le anime del Purgatorio", che si trovava attaccata ad una parete del convento. E i frutti di questa sua generosità si vedevano, o meglio "si sentivano". Un giorno, infatti, i confratelli di Padre Pio, mentre il convento era ancora chiuso, sentirono alcune voci gridare ripetutamente dal corridoio d’entrata vicino al chiostro: "Viva Padre Pio! Viva Padre Pio!". Non avendo trovato nessuno nel corridoio, il superiore chiese spiegazioni a Padre Pio. Egli rispose con semplicità che quelle persone che avevano gridato erano anime di soldati morti, le quali lo ringraziavano dei suoi suffragi. Un altro interessante e sconcertante episodio ci è riferito da lui stesso: "Era il 1924 o 25 - raccontò ad un confratello cappuccino -. Stavo in coro, la sera, mentre i Padri e i collegiali erano andati a cena. Pregavo un po’ astratto e distratto quando sento tre colpi secchi e cadenzati, come se fosse caduta una candela dopo l’altra. Lì per lì non ci feci caso. Pensai che fossero i collegiali che facessero l’altare e non pensai che erano a cena. Dopo un poco, altri tre colpi... Allora mi alzai per dire: "Ma, ragazzi, si può sapere cosa state combinando?". Ma all’appressarmi al parapetto del coro, vedo davanti a me un po’ a destra un novizio cappuccino, zitto ed immobile. Io non sapevo che (nel Convento di San Giovanni Rotondo, N. d. R.) c’erano stati i novizi prima della soppressione. Domando: "Chi sei tu?". "Sono un novizio". "E che stai a fare qui?". "Sono relegato qui per aver fatto male le faccende di Chiesa!". E spari. Volli sincerarmi della cosa. Andai in chiesa e vidi che tutto era a posto. Allora mi convinsi che non era una fantasia". Il giovane frate, dunque, da molti anni si trovava in Purgatorio per espiare le negligenze commesse nel servizio prestato in Chiesa. L’episodio è molto eloquente per dimostrare quanto sia vero che realmente "tutto si paga davanti a Dio". In questi nostri difficili tempi, in cui si mette in dubbio finanche l’esistenza del Purgatorio, Padre Pio ci conceda la grazia di una fede viva e operosa e un grande amore alle anime purganti, che ci impegni ad alleviare le loro pene con le nostre preghiere e i nostri sacrifici.
"Padre Pio e le anime del purgatorio"
Padre Pio era visitato spesso dalle anime del Purgatorio che, conoscendo la sua immensa carità, gli chiedevano di intercedere e di pregare per loro. Egli, sapendo quanto fosse grande la loro sofferenza, offriva con generosità in loro suffragio preghiere e sacrifici fino ad od ottenerne da Dio la liberazione.
di Grazia Nardi
La necessità degli aiuti e dei suffragi per le anime dei defunti che si trovano in Purgatorio per purificarsi prima di entrare definitivamente in Paradiso è ampiamente confermata dalla voce e dalla vita di Padre Pio. Egli sentiva nel suo cuore pietoso il dovere di aiutare queste anime sofferenti con le sue preghiere, con l’offerta delle Sante Messe, con le mortificazioni volontariamente ricercate e con altre opere di carità. Egli stesso ebbe diverse esperienze di apparizioni di defunti, che imploravano da lui aiuti e suffragi per abbreviare le loro sofferenze, dovute all’espiazione delle pene per i loro peccati. Una volta, mentre era in preghiera nel coro della chiesetta di Santa Maria delle Grazie, venne disturbato da rumori che provenivano dall’altare maggiore, dove sembrava ci fosse qualcuno che spostava candelieri e vasi di fiori. Chiese ad alta voce chi fosse. Nessuno, però, gli rispose. Riprese a pregare, ma venne di nuovo interrotto dallo stesso rumore. Si avvicinò, allora, alla porta e, nella penombra della lampada del Tabernacolo, intravide un fratino che faceva le pulizie. Padre Pio gli gridò cosa stesse facendo al buio a quell’ora e il giovane frate rispose che stava facendo le pulizie. Padre Pio gli chiese nuovamente chi fosse: "Fai la pulizia allo scuro? Chi sei?". E questi gli rispose: "Sono un novizio cappuccino che sconta qui il purgatorio. Ho bisogno di suffragi". Detto questo, il fratino scomparve. Il Signore, nella sua infinita Misericordia, aveva permesso al novizio di apparire a Padre Pio, per essere aiutato con le preghiere, con le sofferenze e con le Sante Messe a raggiungere la felicità eterna del Paradiso.
Sono venuto a ringraziarti
Un confratello di Padre Pio, padre Giuseppe Antonio, versava in gravi condizioni di salute. Il 29 dicembre del 1936, Padre Pio fu informato che le condizioni di salute del confratello erano ulteriormente peggiorate e che, pertanto, necessitava di preghiere. Mentre, nella sua cella, era assorto in preghiera per il confratello, Padre Pio udì bussare all’uscio. "Avanti!", replicò Padre Pio, e subito vide entrare padre Giuseppe Antonio. Non sapendo ancora che l’amico era già morto, Padre Pio gli chiese come stesse, non riuscendo a capacitarsi del fatto che il moribondo fosse lì davanti a lui: "Mi è stato detto che eri gravemente ammalato e molto sofferente e mo’ ti trovi qui?". "Sto bene" disse padre Giuseppe Antonio -. Tutte le mie sofferenze sono finite e sono venuto a ringraziarti per le tue preghiere". E subito dopo il confratello scomparve alla sua vista. E' interessante notare che le cronache del convento riferiscono che l’apparizione di padre Giuseppe Antonio a Padre Pio avvenne esattamente nello stesso momento in cui egli moriva.
Bisogna pregare per le anime del Purgatorio
Padre Pio aveva, inoltre, una chiara visione dello stato delle anime nel Purgatorio e della durata della pena che dovevano scontare prima di entrare nella felicità eterna del Paradiso. A chi gli chiese come fosse il fuoco del Purgatorio, Padre Pio dette questa risposta: "E più forte del fuoco naturale, ma la sofferenza maggiore è la privazione di Dio, però lo si soffi ‘e con la bellasperanza", ossia con la speranza di salire un giorno in Paradiso. Il prof. Gerardo De Caro raccomandò, un giorno, a Padre Pio l’anima di uno scrittore senza menzionarne il nome. Il Padre arrossì in volto, sapendo subito a chi pensava, come se provasse intima pena per quell’anima che in vita aveva fruito di tanti aiuti spirituali e preghiere. E disse: "Ha amato troppo le creature", aggiungendo che sarebbe rimasto in Purgatorio almeno 100 anni. Padre Pio gli disse inoltre: "Bisogna pregare per le anime del Purgatorio. Non è credibile quanto esse possano fare per il nostro bene spirituale, per via della gratitudine che dimostrano a coloro che le ricordano in terra e pregano per loro". A chi gli chiedeva se era utile suffragare le anime dei defunti dopo tanti anni dalla morte, il Padre così rispose: "Sì, perché Dio nel giudizio particolare, alla morte, considera pure tutti i suffragi futuri, offerti a favore di quell‘anima". Per Dio, infatti, non esiste un prima e un dopo, ma tutto è eterno presente. Egli, pertanto, nella sua infinita Misericordia, si serve delle preghiere offerte in suffragio dell’anima del defunto dopo la sua morte, per strapparla dalla dannazione eterna.
"Il combattimento di Padre Pio"
Continua la pubblicazione delle relazioni tenute al Convegno del 2 ottobre 2003. Don Nello Castello, figlio spirituale di Padre Pio, illustra come la vita del Santo sia stata un combattimento continuo contro il demonio, il quale per tentarlo usò strategie e artifizi vari, fino alla violenza fisica, ma ne uscì sempre sconfitto.
di Don Nello Castello
 Se Dio è felicità eterna, la vita umana su questa terra è, invece, un continuo combattimento. Ricordo, a tal riguardo, una mia confessione con Padre Pio, nella quale egli mi richiamava il testo di Giobbe: "militia est vita hominis super terram - la vita dell’uomo sulla terra è un combattimento" (cfGb 7,1). Il combattimento è mezzo di purificazione: il giusto deve combattere contro il peccato e vincere le proprie passioni per conservare la vita di grazia. È un combattimento che diventa continuo e progressivo, a misura che l’anima tende alla perfezione cristiana, fino a divenire cruento, quando si arriva ai livelli eroici della santità. Ma contro chi si combatte? Contro il diavolo, nemico della vita e nemico di Dio. Padre Pio, che ha raggiunto autentiche vette nella vita mistica, ha pure vissuto un atroce combattimento spirituale nella sua continua lotta contro satana. Due periodi di lotta, diversamente caratterizzati, si possono individuare nella guerra tra Padre Pio ed il suo nemico: uno personale, precedente alla destinazione di San Giovanni Rotondo, l’altro esterno, sociale, "canonico", sino alla fine della sua vita. Padre Pio afferma: "Nella mia infanzia io non ho mai giocato". Perché?, ci si può chiedere. Sappiamo dal suo direttore spirituale che, verso i cinque anni, cominciò ad avere estasi ed apparizioni celesti. "Gesù e Maria mi facevano da genitori", scriverà Padre Pio. Per tali favori celesti, la sua vita fu sempre un continuo conflitto, che divenne una grande battaglia nell’età della sua adolescenza, quando decise di lasciare il mondo per abbracciare la vita religiosa. Egli stesso descriverà questa lotta: "Potente lotta.., lotta intestina... due forze dentro di me si cozzavano tra loro e mi laceravano il cuore. Il mondo che mi voleva per sé e Dio che mi chiamava a nuova vita". La notte del I gennaio 1903, alcuni giorni prima del suo ingresso in convento, Padre Pio venne a trovarsi, in visione, "in un grande spazio" tra due schiere, con a fianco un personaggio "maestoso di rara bellezza, splendente come il sole", che lo prese per mano e gli disse: "Vieni con me, perché ti conviene combattere da valoroso guerriero". Da una parte vi erano Angeli e dall’altra "uomini di orrido aspetto e vestiti di abiti neri a guisa di ombre oscure". In fondo comparve "un uomo orrido e di smisurata altezza da toccare con la fronte le nuvole". Il personaggio che lo affiancava gli disse: "Con questi ti conviene azzuffarti. Fatti animo: entra fiducioso nella lotta, avanzati coraggiosamente che io ti sarò d’appresso, io ti aiuterò e non permetterò che ti abbatta". Padre Pio si fece animo; entrò in combattimento e vinse il nemico costringendolo alla fuga. La guida gli mostrò una bellissima corona di rara bellezza, promettendogliene "un‘altra più bella" se avesse saputo lottare sino alla fine. In tale visione si fondono simbolismi spirituali e profezie della vita di Padre Pio: il combattimento continuo e la vittoria costante, infatti, non sono mai cessati nella sua vita. Satana, il "barbablù", come lo chiamava lui, userà strategie varie, apparendogli sotto le sembianze di un angelo, di un santo, del suo confessore, del Superiore della Provincia monastica, di penitente che chiedeva di confessarsi. Talvolta, usava artifizi astuti, violenza fisica, e si presentava "in forme oscenissime, umane e soprattutto bestiali". Tutto questo continuerà per circa 20 anni. Una vera battaglia della quale si riportano alcuni dettagli sconcertanti: "[il diavolo] percuote [Padre Pio] con ordigni di ferro... Lo aggredisce a morte... Lo tortura barbaramente... Lo tormenta mentre scrive... Lo batte a morte, volendo annullare le lettere di conforto che riceve dai direttori... Gli trasmette falsi ordini del Provinciale...". E questa guerra non si esaurì in breve tempo, ma rimase costante nell’arco della sua vita anche attraverso uomini di Chiesa. Ma qual era l’arma con cui Padre Pio combatteva così valorosamente? Era il Rosario. Erano Maria e Gesù, là sempre accanto a lui. "Io ti aiuterò, non permetterò che egli ti abbatta", gli aveva detto quel personaggio nella visione del 1° Gennaio del 1903. Il Santo Padre, nel discorso della canonizzazione, ha detto che la missione di Padre Pio continua in coloro che lo seguono. Ciò significa che le opere e i seguaci di Padre Pio sono chiamati alla stessa sua battaglia col nemico infernale. Ma di essa riusciranno certamente vincitori se, come Padre Pio, useranno l’invincibile arma del Rosario.
"Il Rosario e le anime del Purgatorio"
Con la recita del Santa Rosario i Santi hanno suffragato e liberato dalle pene del Purgatorio milioni di anime. Imitiamoli e la ricompensa non si farà attendere.
di Padre Pio M. Steman, FI
Ad una pia signora era morto il fratello. Afflitta da questa perdita, tanto più dolorosa perché il fratello era veramente un buon cristiano, la signora fece un sogno. Vide Padre Pio da Pietrelcina che la consolò e le disse: "Recita 200 Rosari e tuo fratello passerà subito in Paradiso". Quando la signora si svegliò, ricordò il sogno, ma pensò che fosse solo un sogno, e basta. Tuttavia la mattina seguente parti e si recò da Padre Pio. Appena incontrò Padre Pio, senza più pensare al sogno, la signora in lacrime gli chiese dove si trovasse l’anima del fratello e che cosa fare per lui. Padre Pio le rispose subito: "E non te l’ho detto stanotte?... Recita 200 Rosari, e tuo fratello passerà subito in Paradiso". Il Rosario ha anche questo potere straordinario: affrettare la liberazione delle anime dal Purgatorio e recare loro grande sollievo e conforto. Lo stesso Padre Pio da Pietrelcina, un giorno, nel donare una corona a una figlia spirituale, disse con trepida voce: "Ti affido un tesoro: sappi tesoreggiare. Vuotiamo il Purgatorio". Negli Atti del Processo di beatificazione di san Giovanni Massias, domenicano, leggiamo che la Madonna gli apparve sul letto di morte e gli rivelò che per l’incessante recita del Santo Rosario egli aveva liberato dal Purgatorio un milione e quattrocentomila anime. Il papa Gregorio XVI ordinò di riferire nella Bolla di beatificazione del santo frate quella cifra prodigiosa, a conforto di tutti i devoti del Rosario. Santa Teresa di Gesù ha lasciato scritto che una volta, iniziando a recitare il Santo Rosario, fu rapita in estasi e vide il Purgatorio, che aveva la forma di un grande recinto, in cui le anime penavano tra le fiamme purificatrici. Alla prima Ave Maria che ella recitò, vide subito un getto d’acqua freschissima cadere sulle anime a refrigerarle; così alla seconda Ave Maria, così alla terza, alla quarta... Capì allora la Santa di quanto sollievo la recita del Santo Rosario fosse alle anime purganti, e non avrebbe voluto interromperlo mai. Per questo sant’Alfonso de’ Liguori raccomandava ripetutamente: "Se vogliamo aiutare le anime del Purgatorio, recitiamo per loro il Rosario che arreca grande sollievo". Anche il beato Annibale Maria di Francia ci assicura che quando "noi recitiamo la corona di Maria Santissima per qualche anima purgante, quell‘anima sente quasi smorzare le ardenti fiamme che la circondano e prova un refrigerio di Paradiso". Fra le sue prediche, un giorno, san Domenico fece quella sui benefici del Rosario per le anime del Purgatorio. Ma uno dei presenti si mise a deriderlo, scettico e beffardo. Durante la notte, però, questo tale sognò una voragine di fuoco con le anime purganti ivi immerse, e vide la Madonna che, materna e compassionevole, tendeva loro una catena d’oro per tirarle su da quella voragine: quella catena d’oro era appunto la corona del Santo Rosario. Uno straordinario apostolo del Rosario per le anime del Purgatorio fu san Pompilio Pirrotti Con i suoi Rosari, egli entrò in grande familiarità con le anime del Purgatorio, che gli mostravano la loro gratitudine per il conforto che ricevevano da questa preghiera. La familiarità arrivò al punto che quando il Santo recitava il Rosario "s' udivano le anime dei defunti rispondere la seconda parte dell‘Ave Maria".Che bella carità potremmo fare tutti alle anime purganti, recitando per loro molti Rosari!
"La moda immonda"
Dando uno sguardo alla stagione estiva ormai passata, bisogna riconoscere, purtroppo, che nulla è migliorato per quanto riguarda la moda femminile che diventa sempre più indecente. Il nudismo, ormai, ha varcato anche le porte delle nostre chiese!
di Don Vincenzo Cuomo
Vi è un argomento diventato tabù: la moda femminile. Chi ne parla? Va tutto bene? E se qualcosa non va bene, chi deve illuminare, correggere, ammonire? Il nudismo, ahimè, si fa sempre più sfacciato e invadente, alimentato dagli spettacoli, dai giornali, dai manifesti stradali... In Genesi 3 si legge che "prima del peccato originale la nudità non creava problemi".Col peccato le cose sono cambiate, perché si è accesa in tutti gli esseri umani la concupiscenza della carne che, se alimentata, porta al disordine morale, ossia al peccato. Adamo ed Eva provvidero a coprire la loro nudità con delle foglie di fico, ma Dio giudicò insufficiente il rimedio e confezionò per ambedue due tuniche. Ai nostri giorni si assiste alla globalizzazione dell’immodestia, perché si è radicata nella massa la convinzione che se la donna non èprovocante, non è donna. Si è cominciato, allora, con l’accorciare le maniche, poi le maniche sono scomparse... Si è denudata sempre più la parte superiore del corpo. Contemporaneamente si è passati alla minigonna, che diventa sempre più... mini! E perché non denudare anche la pancia e l’ombelico? E poi pantaloncini corti e ultra corti e fortemente aderenti. L’audacia, ormai non conosce più limiti nemmeno quello del luogo sacro: chiese e santuari. In un celebre santuario della Spagna si celebrava un matrimonio. Davanti all’altare vi era la sposa che, col suo abbigliamento più che indecente, era l’ostentazione dell’ immodestia. Le invitate non erano da meno... E si riceveva un Sacramento! E si riceveva l’ Eucarestia! A Lourdes, durante la processione eucaristica, vi era una donna che cantava da solista nella corale. Anch’ ella regolarmente immodesta e indecente. Si sa che nella storia di Lourdes la Madonna non venne ad un appuntamento con la veggente. Bernardetta le chiese il perché di quell’assenza e ne ebbe questa risposta: "Perché ieri sera la grotta è stata profanata dall‘immodestia". Chi è stato a Lourdes durante l’estate ha potuto constatare quanta mancanza di modestia si porta anche davanti alla grotta! Vi è all’ingresso dei luoghi sacri un tabellone con cui si interdice l’accesso con certi abbigliamenti... ma la realtà è che l’ingresso è lecito a tutti! E che dire quando in alcune chiese vanno al leggio o fanno da ministri straordinari della comunione donne con abbigliamento non certo esemplare? Può darsi che queste note facciano sorridere qualcuno, perché si dice "i tempi sono cambiati e la cosa non fa più impressione!". Quest’affermazione è tanto falsa quanto stolta. Allora non esiste più la concupiscenza degli occhi e della carne? E non conta più niente quanto è scritto nelle lettere degli Apostoli circa l’abbigliamento delle donne? La realtà è che i peccati impuri non si ritengono più peccato. Le cose non avvengono per caso. Vi è tutta una strategia di malizia diabolica mirata alla scristianizzazione delle masse; ciò avviene non più col fucile e le prigioni, ma demolendo i principi cristiani. Alcuni anni fa la rivista Reading Digest annunziava un convegno di operatori della moda femminile con questo tema: "Che cosa scopriremo ancora della donna". Nel qual caso, scoprire equivale a denudare. Davanti a questo rullo compressore che non conosce ostacoli, si alzi una voce autorevole e forte! A Fatima la Madonna, per mezzo di Giacinta, preannunziò l’avvento di una moda invereconda, causa della perdita di tante anime. Voglia la Vergine purissima ottenere, con la sua potente intercessione, il ritorno ad una vita pura e casta almeno tra le donne cristiane.
"Padre Pio e Giovanni Paolo II"
di Don Nello Castello
Padre Pio visse in filiale e amorosa sottomissione ad ognuno dei sei Papi che s’inserirono nella sua vita, tuttavia singolare è l’affinità teologica e spirituale tra Giovanni Paolo Il e il Santo.
Sei sono i Papi che s’inserirono nella vita di Padre Pio. Il Santo ebbe un diverso rapporto con ognuno dei Vicari di Cristo. Tuttavia, pare opportuno soffermarsi sulle specialissime relazioni che uniscono i due "giganti" del secolo, Giovanni Paolo TI e Padre Pio, legati da un doppio rapporto: storico e teologico. Nel 1948, il neo-sacerdote Karol Wojtyla, studente in filosofia a Roma all’ Angelicum, insieme al prof. Medi e alla Marchesa Boschi (personaggio al quale era legata la prima bilocazione del Santo), venne a San Giovanni Rotondo, ove ebbe modo di incontrare e confessarsi con Padre Pio. Divenuto cardinale, sostò a San Giovanni Rotondo dal 10 al 3 novembre 1974, visitò il Santuario, la Casa Sollievo della Sofferenza e la basilica di San Michele Arcangelo. In quei giorni, celebrando nella chiesetta vecchia del convento, durante l’omelia, - con quel suo tipico italiano - ha ricordato il suo primo incontro con Padre Pio, con queste memorande parole, cariche di ammirazione per colui che poi egli avrebbe elevato agli onori degli altari: "In questa vecchia chiesa è rimasta la sua persona, la sua presenza, le sue parole, la Santa Messa celebrata da lui all' altare laterale, e poi questo confessionale, dove andava a confessare le donne, la sacrestia, l’altare centrale dove adesso stiamo noi, e dove, dopo la sua Messa, lui ha distribuito la santa Comunione. E tutto questo ci fa riflettere, e anche meglio comprendere la frase che è quasi pensiero centrale della liturgia odierna: "gloria di Dio è l’uomo vivente ". Dopo quasi ventisette anni, io vedo come questa verità si è incarna-ta in un uomo, in questa vecchia chiesa ancora piena della presenza di Padre Pio". Dunque Padre Pio viene chiamato dal Santo Padre "gloria di Dio incarnata", mentre il giorno precedente aveva celebrato nella cripta pronunciando le memorabili parole: "E specialmente impressionante, è specialmente profondo il fatto che celebriamo questa Eucaristia vicino alla tomba di Padre Pio, che predicava la Passione, la Morte e la Risurrezione di Gesti Cristo Nostro Signore, per mezzo di tutta la sua vita".Ancora una volta, poi, nel firmare il registro dei visitatori illustri durante la sosta del 1974, il cardinale Wojtyla, farà riferimento a quel primo incontro con Padre Pio, annotando: "dopo 28 anni dalla mia prima Messa e dopo 26 anni dalla mia prima visita a San Giovanni Rotondo da Padre Pio". Un altro elemento che fa storia nei rapporti del Papa col nostro Padre: a quattro anni dalla di lui morte, dall’Episcopato polacco viene fatta una petizione ufficiale a Paolo VI per la canonizzazione di Padre Pio, firmata dai 45 vescovi di quella terra di martirio. Al secondo posto, dopo la firma del primate card. Wjszjnski, quella del card. Karol Wojtyla. Nel documento, inoltre, si fa riferimento alla visita di lui, giovane sacerdote, nel 1948: "Alcuni di noi hanno visto coi propri occhi Padre Pio ed il suo apostolato". Conosciamo altri episodi ove s’intrecciano i due grandi. Ben noto il miracolo della signora Wanda Poltawska, professoressa di psichiatria e fondatrice dell’Istituto universitario pastorale polacco sulla Famiglia (di cui il cardinale Wojtyla era Presidente), colpita da tumore e guarita in seguito alla preghiera di Padre Pio, richiesta personalmente dall’allora vescovo di Cracovia, con una lettera in latino. Inoltre, un fattore di importanza capitale, che va aggiunto al rapporto storico nelle relazioni tra i due, va individuato sul piano del pensiero. Infatti, possiamo aggiungere che papa Wojtyla e Padre Pio sono accomunati anche da un’unica concezione teologica forte, anzi eroica, della vita cristiana, poiché li troviamo accomunati dalla medesima strada della "Via Crucis": quella della crocifissione in Padre Pio e quella di una vita di trincea e di persecuzioni nel Papa. Sul tema Padre Pio si potrebbero riportare i numerosi discorsi del Santo Padre degli anni ‘78, ‘83, ‘87, ‘88, ‘90, poi quelli della beatificazione e della canonizzazione in cui viene presentato un quadro di Padre Pio di un valore unico per la sua autorità, ma, soprattutto, sconcertante per la profonda conoscenza che dimostra del mondo mistico e pastorale del Santo: un campo che meriterebbe un’ampia esposizione. Identica, poi, la teologia illustrata e proposta dal Papa e la teologia incarnata nella sua vita pastorale. Basta accennare soltanto alla sintonia perfetta di concezione tra loro sulle terapie alle terribili piaghe che oggi tormentano la Chiesa. Anche i grandi temi della preghiera, della Confessione e dell’Eucaristia che caratterizzano la vita di Padre Pio, nei discorsi del Papa, sono tradotti con un linguaggio ed un’essenzialità che esprimono una perfetta sintonia di pensiero teologico. Tra i due non solo vi è comunanza nella linea dell’evangelizzazione, ma si può dire che Padre Pio fu evangelizzazione. Il Papa, nella Chiesa, è la verità così come Padre Pio, nella Chiesa, era amore: l’uno insegua e l’altro redime con il sangue.
"Pregare e soffrire per il Papa"
di Cristina De Angelis
I Santi nutrivano una speciale venerazione per il Papa. Il cristiano, quale figlio della Chiesa e del Santo Padre, è tenuto a sostenerlo offrendo per lui preghiere e sacrifici.
Tutti i cristiani, come insegna Catechismo della Chiesa Cattolica (n. 889), con il "senso soprannaturale della fede", sono chiamati ad amare il Papa come Vicario di Gesù Cristo. I Santi hanno sempre nutrito un amore speciale per il Santo Padre; una devozione, di certo, non sentimentalista, fatta solo di applausi ed osanna, ma di obbedienza al suo Magistero, di preghiera e sacrifici offerti per la sua persona e per il suo ministero. Padre Pio è stato, in questo, un modello straordinario. Per lui Gesù, l’Immacolata ed il Papa erano un trinomio d’amore inscindibile e tutto soprannaturale. Nella sua cella, sul tavolino, accanto all’immagine della Madonna, aveva sempre una fotografia del Papa, che, di sera, illuminava con una piccola lampada. Quando il suo vescovo, poi, si recava dal Sommo Pontefice, il Santo cappuccino gli raccomandava: "Dica al Papa che per me, dopo Gesù, non e ‘è che lui". E al papa Pio XII, mandò a dire: "Di’ al Papa che io do con immensa gioia la mia vita per lui". Ai suoi figli spirituali, ripeteva sempre: "Ascoltate il Papa" ed ancora "specialmente pregate pel Sommo Pontefice, per tutti i bisogni spirituali della Santa Chiesa, nostra tenerissima madre". Con la "sensibilità ecclesiale" propria di san Francesco, dunque, che una volta disse al Papa: "Signore, sono commosso nel vedere quante preoccupazioni e fatiche avete da affrontare per vigilare sulla Chiesa di Dio", il Serafino del Gargano si unì alla preghiera incessante di Gesù e all’amore che, da sempre, la Chiesa ha nutrito per il Santo Padre. In una lettera, infatti, da lui scritta il 12 settembre 1968, undici giorni prima della sua morte, Padre Pio si rivolse a Sua Santità Paolo VI con questi termini vibranti di commozione: "So che il vostro cuore soffre molto in questi giorni per le sorti della Chiesa, per la pace del mondo, per le tante necessità dei popoli, ma soprattutto per la mancanza di obbedienza di alcuni, perfino cattolici, all' alto insegnamento che voi, assistito dallo Spirito Santo e nel nome di Dio ci date. Vi offro la mia preghiera e sofferenza quotidiana, quale piccolo ma sincero pensiero dell’ultimo dei vostri figli, affinché il Signore vi conforti con la sua grazia per continuare il diritto e faticoso cammino, nella difesa dell’eterna verità, che mai si cambia col mutar dei tempi". Alla scuola di san Pio, quindi, è necessario imparare ad amare il Papa, pregando e soffrendo per lui, ed essendo sempre pronti a difendere la sua persona, i suoi diritti, il suo onore ed i suoi ordini contro chi, invece, a torto, non fa che criticarlo e vituperarlo. Il cristiano, come Santi, non deve mai dimenticare le necessità, le strettezze e angustie del Papa; non deve lasciare di pregare per lui, che tanto ama l’uomo e tanto si adopera perché "la buona novella" sia annunziata in tutto il mondo ed ogni creatura si salvi. Occorre pregare e soffrire generosamente, perché il Signore lo aiuti, lo sostenga, lo consoli soprattutto nelle amarezze di cui è circondato, ed affretti il momento del suo trionfo sui nemici di Dio e della Chiesa.
"Il Settimanale di Padre Pio", un anno dopo
La Redazione
E' trascorso ormai un anno dalla pubblicazione del periodico di formazione e informazione cattolica, Il Settimanale di Padre Pio, a cura dei Francescani dell’Immacolata. La rivista si è subito imposta all’attenzione dei lettori ricevendo l’approvazione e la benedizione di numerosi Vescovi e Cardinali appartenenti a diocesi italiane e straniere, accogliendo vasti consensi tra le famiglie e registrando, nell’arco di un anno, un rapido incremento. Al lancio della rivista, avvenuto il 23 settembre 2002, con la pubblicazione del primo numero, sono seguite numerose iniziative e diverse campagne promozionali, volte a far conoscere Il Settimanale in maniera capillare su tutto il territorio nazionale. La risposta non si è fatta attendere, soprattutto da parte di coloro che si annoverano fra i devoti del Santo del Gargano. Un improvviso e inaspettato, anche se sperato, boom, dunque, che ha rivelato l’elevato indice di gradimento del giornale, fra i cattolici di tutta Italia. Molto apprezzato da devoti e figli spirituali di san Pio, ma anche da parte di quei cattolici che hanno sempre  desiderato conoscere questo "gigante di santità". Il Settimanale pone al servizio della Chiesa prestando opera di rievangelizzazione, accogliendo l’accorato appello del Santo Padre. In questa direzione si è mossa l’opera apostolica di Padre Pio, volta a formare non semplici fedeli all’ acqua di rose", bensì degli autentici cristiani. Pio, dunque, evangelizzò spronando i fedeli, primi tutti i suoi figli spirituali a vivere in maniera autentica e coerente i valori cristiani. Questo è uno dei motivi che hanno portato alla scelta di affidare Il Settimanale al patrocinio di questo grande Santo. "Un’evangelizzazione stile Padre Pio, pane di grano, acqua di fonte, tutta sostanza di vita cristiana, da rilanciare con un settimanale", come ha ben spiegato il fondatore e ispiratore della rivista, Padre Stefano MariaManelli, nel corso di una tavola rotonda in occasione della Presentazione del Settimanale a Frigento (AV). "Il Settimanale di Padre Pio vuol essere, quindi, una risposta alle ansie della Chiesa, filtrata attraverso Padre Pio; vuole riflettere la catechesi di Padre Pio, che grida, che provoca, che insomma continua la sua missione". La rivista, dunque, vuol essere, in certo qual modo, il prolungamento dell' opera e della missione del Santo cappuccino. A farcela conoscere più da vicino pensa tutta una rete di collaboratori, alcuni dei quali, proprio come Padre Stefano M. Manelli, suoi figli spirituali. Tutte persone che lo hanno conosciuto da vicino, dunque, che lo hanno amato e che, grazie a lui, si sono convertiti, testimoniando fino all’eroismo il loro "essere cristiani". Padre Pio ha sempre tenuto in gran conto la formazione cattolica della famiglia, non ignorando i suoi benefici influssi sulla società, di cui essa è la cellula prima. Da famiglie "sane" sorgerà più facilmente una società "sana". Proprio le famiglie, quindi, sono i destinatari privilegiati del Settimanale che ci auguriamo entri in ogni casa e sia in ogni famiglia, avente come modello Padre Pio che ha promesso di aspettarci alle porte del Paradiso. QuestoSettimanale, quindi, in un’epoca in cui i settimanali cattolici attraversano un periodo di grave crisi, vuole offrire l’ opportunità ad ogni cristiano di conoscere veramente la figura di questo grande Santo, di mettersi alla sua scuola, di approfondire e irrobustire la propria fede e cultura cattolica. Oltre che d’ articoli riguardanti la vita, il messaggio e gli esempi di san Pio, la rivista si compone anche d’articoli d’attualità che offrono risposte "in linea" con la dottrina del Santo, alla luce del Magistero della Chiesa. Dall’anno scorso il Settimanale ha registrato un continuo sviluppo che si auspica duraturo ed efficace, con la benedizione e sotto lo sguardo e la protezione di Padre Pio da Pietrelcina.
Il beato transito di san Pio da Pietrelcina
di Don Nello Castello
23 settembre 1968: Padre Pio lasciava questa terra d’esilio per entrare nell’eterna gloria del Paradiso, mentre i suoi figli spirituali vivevano il loro "Venerdì Santo". Riportiamo la testimonianza di uno dei figli spirituali che più fu vicino al Padre.
Padre Pio menò una vita di sacrificio, d’amore e di sangue, versato sul Calvario con Cristo, in favore della Chiesa e del mondo. La sua fu un’esistenza utilizzata a piacimento di Dio, una vita che non proveniva da lui, ma da Cristo che viveva in lui. Il suo sacerdozio fu associato al sacerdozio del Redentore. Si era santificato ed aveva santificato. Ora si compie il 350 del suoConsummatum est: ma quando la vita di un Santo si spegne, sorge un sole di luce divina, un sole di santità che avvolge l’universo e rimane, per sempre, a favore della cristianità. Padre Pio ora "vive" nella sua tomba, ove ognuno legge una sola parola: Amore. Egli aveva scritto Amore in ogni pagina della sua vita: amando cresceva dalla fanciullezza "con i ‘Angelo suo compagno""con Gesù e Maria che gli facevano da genitori", assimilato poi all’amore di Cristo sacerdote, che lo condusse ad amare i fratelli e dare la vita, ogni giorno, sino alla morte. Padre Pio, dunque, aveva amato sino "all' infinità" di cui può essere capace una creatura. Vita della sua vita fu l’Amore. Amore amaro, amore di combattente, amore rovente, "fuoco divoratore",diceva lui, ed ora Amore di eterna felicità. Il 23 settembre suonava l’ora. La sua ora era venuta. Quella fu la notte santa che gli offrì il "giorno eterno" nel seno della Trinità. Fu deposto dalla Croce, senza più i segni delle stigmate. Poi i funerali, il sepolcro. Padre Pio era morto. Non esagero se dico che noi, suoi figli spirituali, suoi discepoli, abbiamo partecipato alquanto allo smarrimento degli Apostoli e dei discepoli alla morte di Cristo.
Quella settimana di settembre 
Mille e più sono i ricordi che Padre Pio ha stampato nel mio cuore nel corso degli anni, dei miei incontri con lui, nell’arco degli undici anni della mia vita che si intrecciarono col mistero del suo spirito e delle sue vicende. Anni scolpiti indelebilmente. Tuttavia, il ricordo dei giorni legati alla morte del Padre restano la memoria più incisiva, che ogni altro ricordo scavalca. Ecco un tracciato della mia personale testimonianza di quel 23 settembre.
 Devo premettere che Padova occupava un posto particolare, non solo nelle vicende del Calvario storico di Padre Pio, ma nel profondo del suo cuore. Ben tre volte, in quel settembre di 35 anni or sono, tramite Cleonice Morcaldi, la nota figlia spirituale privilegiata, ci era pervenuta la notizia che il Padre ci attendeva, mentre noi si ritardava la partenza, causa un signore che si doveva associare a noi per il viaggio. Di fatto arrivammo a San Giovanni Rotondo il giovedì 19, verso sera. Molti erano i figli presenti, arrivati perché richiamati dai programmi di quei giorni: il 50° anniversario delle stigmate del Padre e il Convegno internazionale dei Gruppi di preghiera. Giorni di festa per noi, mentre per lui erano il tratto finale del Golgota. Scrive Cleonice Morcaldi: "Era il 19 settembre, vigilia del 50° delle sue stigmate. Come al solito entrammo in sacrestia per baciargli la mano e gli chiesi come avesse passato la notte. Mi rispose. "Male, mi sentivo morire. Una spada si muoveva continuamente dentro di me, dall' alto al basso, con la punta verso il cuore. Ora sto un po' meglio". Alle del mattino, il giorno 20, il Padre celebra la sua Messa, per versare le sue ultime lacrime. Noi eravamo abituati a vedere il fazzoletto bianco accanto al corporale. Quel mattino, scrive Giovanni Siena, "le lacrime caddero facendo crepitare il corporale rigido di amido, attirando l’attenzione di Padre Onorato che gli stava a fianco". Erano le ultime... non ne aveva più, ma chi poteva capirlo? Per noi suoi figli era impensabile la sua morte. In quel giorno del 50°alcuni figli avevano fatto giungere da Sanremo 2.500 rose rosse per addobbare l’altare. La chiesa era affollata perfino nei matronei. La sera, poi, dal paese, paesani e forestieri si recarono in processione con fiaccole, sino alla finestrella del convento, con canti e cuore acceso di affetto di figli devoti. Al sabato il Padre non celebra, riceve l’Eucaristia in cella, impedito da malessere. "Figlio mio - dice a Padre Onorato-, non mi reggo, anzi dammi una benedizione, perché siamo quasi alla fine". Questi gli risponde: "Tu pensa a campa’, perché ti assisto io". Più tardi vuole scendere per le confessioni, ma, dopo alcune confessioni, deve ritornare in cella. Pensavo di confessarmi proprio quel giorno, ma rinviai al lunedì. Nel pomeriggio, vedemmo il Padre al solito posto, nel matroneo in corrispondenza dell’altare maggiore. Alla sera, il solito saluto alla folla che lo invoca dal campo sottostante. 
Domenica 22 settembre: e l’ultimo giorno, il più denso per noi e, forse, il più doloroso per lui, ma egli doveva passarlo con noi. Al mattino, in sacrestia, dava segni di prostrazione e chiedeva di celebrare la Messa letta, come suo solito, invece l’obbedienza gli impose la Messa cantata con organo e coro nel matroneo. Padre Mariano che, secondo il programma, lo doveva affiancare quale suddiacono, mi ha raccontato la discussione che ne venne in sua difesa, ma inutilmente. Padre Pio si fece obbediente sino alla morte, come Cristo. Una folla si assiepava in chiesa e sui matronei, ancor più del giorno del 50°Stavo al quinto banco di fronte a lui: una Messa straziante, come ancor oggi si può sentire dalla registrazione. Voce fiacca, qualche lapsus, non riesce a cantare, strapazza alquanto il prefazio, come pure il Pater noster. Le stigmate non ci sono più. Il suo viso sembra quello di un novantenne. Per noi fu una Messa tutta in sospensione. Ricordo il suo sguardo fisso sui suoi figli, dopo la Comunione, sguardo quasi estatico posato su di noi. Alla benedizione ci fu un’ovazione: "Viva Padre Pio", con applausi affettuosi, caldi, senza fine. Al termine della Messa, rientrando in sacrestia, è sul punto di cadere, ma viene sorretto dalla robustezza di fra’ Giuseppe. Un urlo si leva dalla navata. La sedia a rotelle lo porta in sacristia e poi in cella, mentre egli va dicendo: "Figli miei, figli miei...". Nella mattinata scende e confessa alcune persone. Un altro episodio che ricordo di quella misteriosa mattinata è la benedizione solenne dell’attuale cripta. Io mormoravo amaramente: "Che gusto inaugurare, anticipatamente, il monumento funebre!...". Invece era gioco della Provvidenza. Al pomeriggio vi fu una grande cerimonia sul piazzale della chiesa: su un grande palco, Don Giancarlo Setti, direttore generale dei Gruppi di preghiera, tenne un discorso. Vi fu la lettura del documento della Congregazione dei Religiosi che esonerava Don Setti, mentre i Gruppi passavano sotto la direzione del Guardiano, padre Carmelo da San Giovanni in Galdo. Infine, Via Crucis, in varie lingue, e solenne benedizione all’incalcolabile folla che gremiva lo spazio antistante. Anche noi come i discepoli di Emmaus
Alla sera si smobilita e gran parte dei presenti, con pullman e macchine, parte. La notte, in convento, qualche medico è coinvolto nel transito di Padre Pio. Noi, al mattino, poco dopo le 4.30, siamo in attesa, in coda, davanti alla due porte della Basilica. Si prega e si attende il solito orario di apertura del Santuario: le 4.45. Si indugia, passa il tempo. Sono le 4.50,passano
 le 5. Ormai vi è un certo turbamento. Una donna piange, dicendo che Padre Pio è morto: ma chi le può credere? Che momenti! Vedo uscire dalla quarta porta del Santuario, quella verso la montagna, padre Innocenzo, il cappellano di Casa Sollievo. Mentre lo avvicino, si girà ed una sola parola esce dalla sua bocca: "Padre Pio è morto". Rientro nel gruppo. Padre Pio è morto. Le parole per ridire quegli attimi, quei minuti, non ci sono... Mi sono sentito nel vuoto assoluto, nello spazio infinito, disperso per sempre come un astronauta staccato dalla navicella spaziale, destinato alla fine. Quanto è durato lo smarrimento? Non lo so. Viene un lampo a rompere il tragico incanto. Nella memoria irrompe luminoso un ricordo che posso tradurre con le parole di Gesù agli Apostoli, in occasione della sua Ascensione al Cielo: "Io sarò con voi sino alla fine" (Mt 28,20). Si, Padre Pio me l’aveva fatta questa promessa. Egli in Cielo era ancora amore e vita per me e per ognuno dei suoi figli. Credo di poter ripetere, come già accennato, che per noi quel 23 settembre è alquanto rassomigliato al Venerdì Santo dei discepoli. Basta ricordare i discepoli di Emmaus.
Giovanotto, cambiati la camicia!
Molti erano i personaggi famosi che si recavano a trovare Padre Pio. Un giorno, un famoso tenore fu sorpreso dalla moglie, mentre parlava al telefono con un’amica: "Con chi stavi parlando?". "Con uno che vuole portarmi da Padre Pio", rispose inventando una scusa. Per non destare sospetti, dovette davvero recarsi a San Giovanni Rotondo; non aveva però nessuna intenzione di parlare al Padre, né tanto meno di cambiare vita. "Non credete mica che racconti i miei affari a quel frate", diceva ridendo a quelli che erano con lui. Ma poco dopo, incontrando Padre Pio...  Giovanotto, cambiati la camicia!", gli disse il Padre. "Me la sono messa nuova questa mattina", rispose. "Non intendo quella", ribatté il Padre che lo prese per mano e si allontanò con lui in giardino. Quando tornarono indietro, il famoso personaggio era molto commosso. Da allora cambiò vita e divenne un figlio spirituale di Padre Pio.
Il dolore fonte dell'amore
"La Vergine Addolorata ci ottenga dal suo santissimo Figliuolo di farci penetrare sempre più nel mistero della croce ed inebriarci con Lei dei patimenti di Gesù" (Padre Pio).
di Padre Stefano M.Manelli, FI
Dal dolore più grande, ossia la Croce, è scaturito l’amore più grande. Bisogna ricorrere all’Addolorata per ottenere la grazia del paUre.
Noi chiediamo alla Madonna in le grazie di cui abbiamo bisogno. Grazie di ogni genere, per noi e per gli altri. Ella, infatti, molto significativamente, è chiamata anche Madonna delle grazie e la Chiesa, nella Liturgia, la celebra come Mediatrice di ogni grazia, dal momento che Ella, Madre di Gesù, ha fatto Gesù (cf Gai 4,4) e ci ha donato Colui che è la sorgente stessa di .tutte le grazie. Tra le molte grazie che chiediamo alla Madonna, però, è ben difficile che venga chiesta anche la grazia più importante e vitale, più necessaria e preziosa: ossia, la grazia di saper soffrire, la grazia di saper cogliere il valore della sofferenza, la grazia di saper offrire ogni sofferenza, e la grazia di saperci addirittura "inebriare" della sofferenza. Padre Pio ci raccomanda di chiedere proprio questa grazia, e si rivolge egli stesso all’Addolorata perché ce l’ottenga "dal suo santissimo Figliuolo". Perché Padre Pio si rivolge proprio alla "Vergine Addolorata"? La risposta è semplice: perché se la Madonna è la Mediatrice di ogni grazia e di tutte le grazie, l’Addolorata, in particolare, è la Mediatrice della grazia del patire, ossia della grazia che più ci conforma al Redentore crocifisso, che più ci assimila a Lei, la Corredentrice con l’anima trapassata dalla spada (cfLc 2,35). All’Addolorata Padre Pio chiede anzitutto la grazia di "penetrare sempre più nel mistero della croce". Sappiamo bene, noi, che la Croce è un mistero di dolore, e per questo essa incute un istintivo timore, per cui, lungi dal sentirci attratti, la rifuggiamo e magari la respingiamo come una disgrazia. In tal modo ci comportiamo da veri pagani. Se comprendessimo, infatti, che la Croce è il mistero del dolore, ma del dolore che genera l’amore, che si trasfigura in amore, che diventa amore, allora la guarderemmo e la stimeremmo ben diversamente. La Croce, in verità,esprime l’amore più grande di cui parla Gesù stesso quando dice: "Nessuno ha amore più grande di colui che sacrifica se stesso per gli altri" (Gv 15,13). È soltanto abbracciando, portando e morendo sulla Croce, che ciascuno realizza non l’amore ordinario, ma "l ‘amore più grande" (ivi), cioè l’amore stesso di Gesù Redentore, che, come dice san Paolo, "mi ha amato e ha immolato se stesso per me" (Gal 2,20), realizza l’amore stesso della Madre Corredentrice, che sul Calvario ha coimmolato se stessa con il Redentore per la salvezza di ogni uomo.Se si pensa a questo "amore più grande" che la Croce ci dona, si capisce perché Padre Pio fa chiedere all’Addolorata di penetrare nel mistero della Croce fino a"inebriarci con Lei dei patimenti di Gesù". Qui siamo alla vetta del dolore, trasformato e trasfigurato non soltanto nell’amore crocifisso, ma nell’ebbrezza dell’amore crocifisso.
Non è stata forse questa la vita di amore crocifisso di Padre Pio assimilato all’Addolorata Corredentrice, fino a inebriarsi "con Lei dei patimenti di Gesù"? 
I segni dell'amore divino
di Pia Frani
Padre Pio, dinanzi al dono mistico delle stigmate, si sente coperto di confusione, al punto da desiderare che gli sia tolto.
 Mio carissimo padre, [...J Cosa dirvi a riguardo di ciò che mi dimandate del come sia avvenuta la mia crocifissione? Mio Dio, che confusione e che umiliazione io provo nel dover manifestare ciò che tu hai operato in questa tua meschina creatura! Era la mattina del 20 dello scorso mese in coro, dopo la celebrazione della santa messa [..J mi vidi dinanzi un misterioso personaggio [...J che aveva le mani ed i piedi ed il costato che grondava sangue. [..] La vista del personaggio si ritira ed io mi avvidi che mani, piedi e costato erano traforati e grondavano sangue. [...]Toglierà [Gesù] almeno da me questa confusione che io esperimento per questi segni esterni? Innalzerà forte la mia voce a lui e non desisterò dal scongiurarlo, affinché [...] ritiri da me non lo strazio, non il dolore perché [...] io sento di volermi inebriare di dolore [...].
(Epistolario I, pp. 1092-1095, ed. 1992)
Questa lettera, indirizzata a padre Benedetto, padre spirituale del Santo del Gargano, risponde ad un suo esplicito comando di raccontargli ciò che accadde il 20 settembre. Padre Pio inizia la lettera con una bellissima protesta di umiltà per la confusione che prova perché costretto a manifestare ad altri le grazie di Dio. Dopo aver descritto il modo straordinario con cui Gesù stesso lo ha insignito del dono della stigmatizzazione, rivela, poi, al padre spirituale, il grande dolore fisico che questi segni comportano, ma, soprattutto, il dolore morale che prova nel dover portare esternamente i segni della sua Passione. Non è il dolore che spaventa Padre Pio, anzi, di esso afferma di volersi inebriare, ma è l’umiliazione che prova nel dover mostrare a tutti il suo martirio. Per questo implora dal Signore la grazia di potersi nascondere agli occhi del mondo. Eppure, per ben 50 anni, il Signore non ascolterà la sua preghiera e le sue stigmate rappresenteranno a tutti l’immagine viva del Cristo crocifisso. Tutti quelli che andarono a San Giovanni Rotondo videro le stigmate di Padre Pio; soltanto pochi, però, ebbero il privilegio di baciarle. Molti di più, forse, fra Pio furono quelli che non capirono in profondità l’abisso del suo dolore. Un giorno, un figlio spirituale chiese: "Padre, le stigmate vi causano dolore?". "E che pensi - rispose il Padre - che il Signore me le abbia date come medaglie?". Le stigmate, gli causavano dolori atroci, come lui stesso confessò spesso, eppure non per questo egli cessò mai di portare avanti il suo apostolato. La sua vita fu simile a quella di un uomo in perfetta salute, sempre gioviale, disponibile, sorridente e scherzoso. Non mostrò mai la sua sofferenza agli altri, anzi, agli occhi del mondo sembrava quasi che non soffrisse affatto. Pensandoci bene, invece, ogni passo, ogni movimento gli causavano spasimi inimmaginabili. Camminava su piaghe aperte, non su uno strato di rose fresche! Quanto si ha da imparare: per una malattia da poco ci si lascia abbattere, divenendo insopportabili e scuri in volto, al contrario dello stigmatizzato del Gargano che, come disse ad una figlia spirituale, iniziò a soffrire sin dal seno materno. Egli, dunque, aiuti ciascun cristiano a sopportare le proprie croci e sofferenze con il sorriso sulle labbra e il cuore ricolmo di amore e di riconoscenza verso Dio.
Amore alla Corredentrice
di Cristina de Angelis
Padre Pio dimostrava un affetto tutto particolare verso la Madonna Corredentrice, che vedeva in tutta la sua perfezione seguire il Figlio lungo la via del Calvario.
Nel riflettere sulla Passione e morte di Gesù, Padre Pio contempla, con occhi trasfigurati e cuore amante, la Madonna tutta unita al Figlio crocifisso. Sulla strada del Calvario, scrive Padre Pio,
"noi vediamo venire immediatamente appresso a Gesù, la nostra santissima Madre, la quale in tutta la perfezione segue Gesù, carica della propria croce". Negli scritti dello stigmatizzato del Gargano, i richiami all’Addolorata sono molto frequenti. Anche in confessione, Padre Pio dava spesso, per penitenza, la recita di sette Ave Maria all’Addolorata, benché, talvolta, non riuscisse nemmeno a terminare la parola Addolorata senza uno scoppio di pianto. A Lei si raccomandava, sostando con amore ogni mattina, prima della Messa, davanti alla sua bella immagine. Ad una figlia spirituale che gli chiese "una parola" sull’Addolorata disse: "La Vergine Addolorata non si diparta mai dalla tua mente, ed i suoi dolori ti stiano stampati sopra il cuore e lo accendano di amore, per lei e per il suo Figliuolo". Questi atteggiamenti e queste espressioni del Santo del Gargano fanno trapelare la sua intima vita d’unione con la Madonna Addolorata e la sublime carità che nutriva verso di Lei, tanto da avere il dono della partecipazione ai suoi dolori. Infatti, è stato scritto che "Padre Pio ha penetrato i dolori di Maria e li ha partecipati, ricopiati, rivissuti; l’anima sua, come è stata fatta partecipe dei dolori della pass io-ne, così ha avuto il dono della partecipazione ai dolori di Maria". E stata proprio questa sua unione e partecipazione ai dolori di Maria il segreto che l’ha unito perfettamente a Gesù crocifisso, perché, come diceva luminosamente il venerabile Allegra, "nessuno può comprendere pienamente la Passione di Gesù se non è attento alla compassione di Maria". San Pio, dunque, insegna, con la sua esperienza di vita, che la devozione alla Corredentrice è la via regale e maestra per confontarsi a Gesù crocifisso. Egli era convinto che la via mariana non fosse soltanto una via di grazia, ma la via stessa della salvezza "non essendovi altra strada che a vita conduce, se non quella battuta dalla Madre nostra" (Epistolario I, p. 602).
Se Padre Pio, però, ha compreso e condiviso l’immensità dei dolori della Madonna è perché ha rivissuto in sé una non comune esperienza del dolore, sia fisico sia morale: un vero martirio che, come scrive egli stesso, 
"l'ha pietrificato". Alla sua scuola dobbiamo, dunque, conformarci a Gesù e alla Madonna battendo la strada del Calvario e sperimentando al vivo, nella nostra persona, la croce, chiodi, le spine. Non si può dire, in effetti, di amare molto Gesù e la Vergine Santa se, in realtà, si vuoi menare una vita comoda. "In Paradiso non si va in carrozza", disse ancora Padre Pio ad una sua figlia spirituale. L’amore si prova nel dolore. "Puro amore? Puro soffrire", ripeteva santa Veronica Giuliani, stigmatizzata cappuccina. Sulle orme di san Pio si deve, dunque, accrescere la propria devozione alla "cara Corredentrice", come amava definirla il Santo.
Padre Pio stigmatizzato
di Don Nello Castello
20 settembre 1918: Padre Pio riceve il dono delle stigmate. Crocifisso nell’anima e nel corpo per 50 anni, rivivrà la Passione di Gesù, unitamente alle sofferenze morali, derivanti da tale fenomeno mistico.
A San Giovanni Rotondo, uomini e donne di tutte le condizioni, di tutte le razze, di tutte le età, vedendo Padre Pio, hanno visto Gesù e si sono convertiti, trasformati, hanno riscoperto il cristianesimo e cambiato il corso della loro vita, facendo del piccolo paese del Gargano un centro mondiale di rinascita spirituale. Padre Pio si era proposto di essere Gesù imitando l’umiltà di Cristo, la carità di Cristo, la pazienza di Cristo, facendo suoi i sentimenti di Cristo, lo spirito di immolazione di Cristo, lo zelo di Cristo. Egli aveva in mente di imitare Cristo per poter intercedere a favore del prossimo: "A meglio poi render pieghevole Iddio alle mie povere preghiere mi sforzerò, colla divina grazia, di essere un buon sacerdote religioso, da arrivare un giorno a poter dire coll’ apostolo, senza tema di mentire: Imitatores mei estote sicut et ego Christi" 
(Epistolario I, 
p. 556). Ma Cristo stesso rese Padre Pio sua immagine vivente col dono delle stigmate, che per cinquant’anni furono segno radioso del suo sacerdozio.
 Documenti e testimonianze provano e confermano che il protagonista delle stigmate è Gesù stesso. Non sono opera umana, ma un vero miracolo, un’irruzione di soprannaturale prodotta da Gesù stesso in pieno ventesimo secolo. Veramente nelle stigmate di Padre Pio, Gesù ha potuto realizzare il suo piano. Padre Pio ha potuto testimoniare l’amore di Dio, l’amore gratuito, generoso, infinito di Gesù e richiamare il genere umano ai piedi del Crocifisso perché si stabilisca il contatto d’amore tra il Crocifisso e l’uomo. Padre Pio stesso dichiara che l’autore delle stigmate è il Signore: è stato Gesù a piagarlo e a trasformarlo in un altro Cristo crocifisso. In data il marzo 1919 scrive: "Non posso più vivere dopo che egli [il Signore] mi ha così piagato e plasmato con tutto se stesso" 
(Epistolario
 III, p. 887).
Gesù dunque, "il Signore", è "il Misterioso Personaggio" che ha impresso le stigmate su Padre Pio la mattina del 20 settembre 1918:
 "Mio Dio, che confusione e che umiliazione io provo nel dover manifestare ciò che tu hai operato in questa tua meschina creatura! Era la mattina del 20 dello scorso mese in coro, dopo la celebrazione della santa messa, allorché venni sorpreso dal riposo simile a un dolce sonno. Tutti i sensi interni ed esterni, non che le stesse facoltà dell’anima si trovarono in una quiete indescrivibile. In tutto questo vi fu totale silenzio intorno a me e dentro di me, vi subentrò subito una grande pace ed abbandono alla completa privazione del tutto e una posa nella stessa rovina. Tutto questo avvenne in un baleno. E mentre tutto questo si andava operando, mi vidi dinnanzi un misterioso personaggio, simile a quello visto la sera del S agosto, che differenziava in questo solamente che aveva le mani ed i piedi ed il costato che grondavano sangue. La sua vista mi atterrisce; ciò che sentivo in quell‘ istante in me non saprei dirvelo. Mi sentivo morire e sarei morto se il Signore non fosse intervenuto a sostenere il cuore, il quale me lo sentivo sbalzare dal petto. La vista del personaggio si ritira e io mi avvidi che mani, piedi e costato erano traforati e grondavano sangue. Immaginate lo strazio che esperimentai allora e che vado esperimentando continuamente quasi tutti i giorni.La ferita del cuore gitta continuamente del sangue, specie dal giovedì a serafino al sabato. Padre mio, io muoio di dolore per lo strazio e per la confusione susseguente che provo nell‘ intimo dell’anima. Temo di morire dissanguato, se il Signore non ascolta i gemiti del mio povero cuore e col ritirare da me questa operazione. Mi farà questa grazia Gesù che è tanto buono?Toglierà almeno da me questa confusione che io esperimento per questi segni esterni? innalzerò forte la mia voce a lui e non desisterò dal scongiurarlo, affinché per sua misericordia ritiri da me non lo strazio, non il dolore perché lo veggo impossibile ed io sento di volermi inebriare di dolore, ma questi segni esterni che mi sono di una confusione e di una umiliazione indescrivibile e insostenibile" 
(Epistolario L 
pp. 1093-1094). 
Gesù aveva trovato finalmente un’anima di un’umiltà abissale in cui poteva liberamente compiere le sue meraviglie di grazia, una creatura da mettere sul candelabro davanti al mondo per fame uno strumento di misericordia, un segno di amore, un miracolo permanente, una testimonianza per tutta la religione cristiana. Quest’anima eccezionale era Padre Pio. Fortunate, allora, le moltitudini di uomini e di donne, che nell’arco di cinquant’anni poterono accorrere a San Giovanni Rotondo e contemplare ammirati il miracolo delle stigmate di Padre Pio. A ragione Paolo VI ha parlato di "clientela mondiale", che ora si moltiplica di giorno in giorno, ininterrottamente. Ma questa grande popolarità significa che le stigmate sono in fondo un messaggio celeste, che afferma che Dio ha visitato di nuovo il suo popolo e non lascia soli i suoi figli.
Le stimmate di Padre Pio: aspetto medico
di Massimo Buononato
Il fenomeno mistico della stimmatizzazione ha da sempre destato interesse nei suoi aspetti medici. Diverse sono le teorie sorte intorno alle cosiddette "piaghe di Cristo": dall’auto-ipnosi all’isteria, fino all’impossibilità di fornire una spiegazione dal punto di vista medico - scientifico. 
Il British Journal of Medicine definisce le stimmate come "piaghe di Cristo che appaiono sul corpo". Tale definizione, riportata sulla prestigiosa rivista medica, proviene da uno scienziato di posizione molto lontana da quella che può essere l’interpretazione teologica del termine "stimmate". Tuttavia, anche in medicina, in quella che può essere un’interpretazione strettamente scientifica, le stimmate sono definite "piaghe di Cristo" che appaiono sul corpo. Possono includere vari fenomeni e vari segni: da segni più o meno eclatanti, quali il sanguinamento, a segni decisamente "impressionanti", come per esempio buchi sulle mani e sui piedi, lesioni sulla fronte o sulle spalle, laddove, in realtà, ci sarebbe stata una zona di contatto rispettivamente con la corona di spine o la Croce di Cristo; ancora lesioni a livello del costato, che sarebbero in relazione a ferite da lancia. Per quanto riguarda la letteratura scientifica, in un articolo del 1894, dunque di circa un secolo fa, si parla di una certa assimilazione. In esso gli autori Imbert e Gourbeyre, riportano tutte le segnalazioni degli stimmatizzati dall’epoca di san Francesco, ritenuto il primo stimmatizzato, all’anno (1894) in cui fu pubblicato il lavoro stesso. Già a quell’epoca erano censiti 321 stimmatizzati, di cui 41 uomini e 280 donne. Le nazioni in cui erano più diffuse queste segnalazioni erano, nell’ordine, l’Italia, la Francia, la Spagna, la Germania, il Belgio, il Portogallo, la Svizzera, l’Olanda, l’Ungheria e il Perù. Che cosa. ha, pensato in genere la scienza medica dal 1224 ad oggi sulle stimmate? In ambito medico - scientifico sono sorte varie teorie. Una delle più antiche è quella dell’autolesionismo: si riteneva cioè che le stimmate potessero essere dovute a lesioni che l’individuo si provocava. Al contrario, nell’ambito dei meccanismi psicologici, due sono le ipotesi più frequentemente riportate per spiegare le stimmate: quella dell’ipnosi e quella dell’isteria. Successivamente si è parlato di unmodello psichiatrico, in cui si pone in discussione la presenza di una malattia all’interno del cervello (siamo all’inizio del secolo 1900). Il neurologo Babinsky, aveva cercato di spiegare l’isteria nell’ambito delle conoscenze attuali. Egli aveva impostato il discorso su un modello psichiatrico, non ritenendo più le stimmate una malattia all’interno del cervello, ma qualcosa che implica il coinvolgimento della sfera rappresentativa emozionale (psico-mito/plastia). Successivamente, nel 1926, Janet modifica questa visione e presenta un modello in cui l’aspetto psicodinamico è ancora più importante e si parla appunto di una cosiddetta tensione psichica.Segue il modello psicoanalitico, che passa per Freud fino a giungere alle teorie più moderne che danno un risalto importantissimo al comportamento: si arriva così al cosiddetto modello comportamentista (Pavlov, 1912 - Watson, 1925) che riconduce il discorso ad una risposta allo stress di tipo generalizzato e disorganizzato. Queste premesse servono ad attestare la ricerca continua da parte di tutti quelli che si sono interessati alle stimmate, nel tentativo di trovare una soluzione scientifica al quesito. Nel momento in cui, però, si va a ricercare una spiegazione che sia esclusivamente nell’ordine di un momento psicodinamico, per lesioni, attestate da fotografie, quali possono essere le stimmate, evidentemente la scienza non è in grado di fornire una spiegazione immediata e omnicomprensiva. 
Le stimmate di Padre Pio.
Sono numerose le relazioni mediche pervenuteci riguardo alle stimmate di Padre Pio: quella del prof. Romanelli, del prof. Bignami, del dott. Festa, ecc., fino a quella relativa alle ultime ore della sua vita, quando fu assistito dal suo medico curante che, all’epoca, era il prof. Sala. Le stimmate di Padre Pio sono rimaste irrisolte per almeno due anni. Erano comparse nel 1918; nel 1966 erano del tutto scomparse al costato e ai piedi; nel 1968 scomparvero dal dorso delle mani e, dieci minuti dopo la sua morte, anche dal palmo delle mani. Come spiegare questa realtà secondo la scienza medica? Le stimmate non sono classificabili da un punto di vista meramente patologico-clinico: tutti gli elementi che abbiamo a disposizione ci permettono di giungere a questa conclusione, in quanto tali lesioni non sono riconducibili al nostro sistema di analisi e categorizzazione nosologica. Le lesioni atipiche delle stimmate di Padre Pio hanno caratteristiche non classificabili assolutamente in base alle nostre conoscenze, cioè alle usuali leggi fisiopatologiche che regolano normalmente i processi morbosi, scientificamente noti e recepiti. Quando si ha una ricezione universale, questa diventa scienza: prima è solo un’ipotesi. E pur vero che la scienza è diventata tale partendo dalle ipotesi, ma non può essere acquisita l’ipotesi come fondamento scientifico prima della necessaria acquisizione di dignità. Pertanto le ipotesi esplicati-ve di natura psicobiologica sinora formulate, non essendo metodologicamente verificabili, sono tutte scientificamente contestabili e le stimmate restano classicamente non inquadrabili nel "corpus dottrinale medico".
Il pericolo della tiepidezza
di Pia Frani
Una delle malattie dell’anima più comuni è la tiepidezza che, se non viene subito debellata con un forte impegno nell’amore, può anche divenire fatale.
Mia sempre carissima figliuola, 
[...] Dio può rigettare tutto nella creatura, ma non può rigettare il desiderio sincero di volerlo amare.
Il tuo stato non è di un ‘anima tiepida, ma di un ‘anima che ama e molto ama senza saperlo. Gesù è tuo e nessuno te lo potrà togliere. Se non puoi accertartene per queste e altre ragioni, credi almeno a te stessa.

[..] Calmati dunque e tranquillizzati e non fare la capricciosa col dare ascolto a quanto ti suggerisce la tua fantasia in cui potentemente ci soffia satana, ma acquietati a quanto ti dice l’autorità in nome di Dio [..]
Padre Pio, cappuccino (Epistolario III, p.447 -448 Ed 1994)
Assunta, cui è indirizzata questa lettera di Padre Pio, temeva di essere caduta nella tiepidezza, ma Padre Pio la rassicura sul suo stato spirituale affermando che, grazie a Dio, è ben lontana da essere un'anima tiepida. La tiepidezza è una malattia spirituale da temere e da evitare, alimentando sempre in noi la fiamma del fervore e dell’amore. E lo stato di cui parla san Giovanni nell’Apocalisse, quando scrive alla Chiesa di Laodicea: «Conosco le tue opere: tu non sei né freddo né caldo [..] Ma poiché sei tiepido, [..] sto per vomitarti dalla mia bocca» (Ap 3,16). L’anima tiepida, infatti, non è calda, perché non possiede in sé l’amore di Dio e del prossimo, ma, nello stesso tempo, non è nemmeno fredda, cioè, peccatrice indurita e recidiva. E un’anima che si contenta di stare abbastanza bene e non si preoccupa di migliorare la sua condizione per raggiungere le vette della perfezione. E come una pozzanghera che, contenta dell’acqua che ha raccolto, se ne sta tranquilla e ferma senza preoccuparsi che quell’acqua dopo un pò di tempo diventerà putrida e fetida. Allo stesso modo l’anima tiepida diventerà putrida e, con il passar del tempo, non riuscirà a tenersi nemmeno quel poco di bene che avrà accumulato, dato che nella vita spirituale, come dicono tanti Santi, il non andar avanti è già un tornare indietro. Luminoso, a questo proposito, può essere l’esempio di santa Giacinta Mariscotti che, entrata in convento senza nessuna intenzione di santificarsi, vi condusse per anni una vita mondana e dissipata. Fulminata un giorno dalla grazia, si convertì e, abbandonato ogni compromesso, cominciò, a condurre una vita perfetta e osservante che la portò in breve alla più perfetta santità! Voglia il Signore che anche noi, abbandonata ogni pigrizia e tiepidezza, ci infervoriamo talmente di amor di Dio da diventare presto santi, a sublime somiglianza di Maria Santissima, il cui Cuore ardeva sempre di amor di Dio senza mai diminuire e consumarsi, tanto che fu paragonata da san Giovanni Eudes al roveto ardente di Mosé! «Mentre Ella era su questa terra - scrive il Santo - il suo cuore era così ardente d’amore di Dio che le fiamme del sacro fuoco avrebbero ben presto consumata la sua vita corporea se Dio non l’avesse miracolosamente conservata alla vita». Sia così anche il nostro cuore, su questa terra e per l’eternità!

L’umana debolezza
di Padre Stefano M.Manelli, FI
«Se Iddio ti lascia cadere in qualche debolezza non è per abbandonarti, ma solo per stabilirti in umiltà e renderti più attenta per l’avvenire» (Padre Pio).
Il Signore ci lascia fare l’esperienza dura delle nostre miserie per radicarci più profondamente nell’umiltà. 
La conquista della virtù dell’umiltà non è né facile né semplice senza un aiuto speciale di Dio. La lotta contro l’orgoglio è una lotta dura, a tutto campo. La radice primaria del peccato d’origine - non dimentichiamolo- è stata la superbia seguita dalla ribellione. La «superbia della vita», insegna san Giovanni Evangelista, infesta il mondo intero, l’umanità intera (cf lGv 2,16).
Per diventare umile, all’uomo spesso non resta altro mezzo che l’esperienza dura e amara della propria debolezza nelle cadute e nelle infedeltà. L’ambizione e la presunzione molto spesso ingannano e fanno credere di essere capaci e di riuscire laddove non si può riuscire senza la grazia che sostenga.
 E' allora che Dio interviene e «lascia cadere in qualche debolezza», dice Padre Pio ad una figlia spirituale, così da far toccare con mano, a proprie spese, la fragilità e l’impotenza di cui si è impastati come figli di Adamo, originati dal fango tra le mani di Dio (cfGn2,7).Se Dio permette la caduta «in qualche debolezza», però, non è per danneggiare l’anima, ma, al contrario, è solo per richiamarla a salutare ravvedimento cosicché impari a non confidare più in se stessa, ma unicamente e interamente in Colui che opera in noi «il volere e il potere», come insegna san Paolo (cfEf3,13). Ecco perché, se Dio ritira la sua grazia facendo sperimentare all’anima la sua debolezza e impotenza, spiega Padre Pio alla figlia spirituale, «non è per abbandonarti, ma solo per stabilirti in umiltà e renderti più attenta per l’avvenire».Quante volte, in realtà, Dio deve farci sperimentare e toccare con mano la nostra fragilità per mortificare la presunzione, figlia dell’amor proprio e della ricerca del proprio io, che spinge all’affermazione di sé indebita e fuori posto! Basti qui ricordare l’esempio di san Pietro Apostolo, che presumeva con baldanza di poter essere fedele al Signore fino alla morte, mentre poche ore dopo finì col misconoscere e rinnegare Gesù davanti ad una serva (cfMt26,72). Quella brutta caduta, seguita dallo sguardo di Gesù, spinse san Pietro all’umile pianto, e la tradizione vuole fosse così lungo e intenso che le lagrime gli scavarono due canaletti sotto gli occhi.

Dinanzi al Tabernacolo
di Pia Frani
Gesù ha voluto rimanere nelle Specie eucaristiche per farci gustare la sua compagnia.
Mia sempre carissima figliuola, [..]. Se non ti è concesso di poterti trattenere a lungo in preghiera, in letture, ecc., non devi per questo sconfortarti. Finché avrai Gesù sacramentato ogni mattina, devi stimarti fortunatissima. Nel corso del giorno, quando non ti è permesso di fare altro, chiama Gesù, anche in mezzo a tutte le tue occupazioni, con gemito rassegnato dell’anima ed egli verrà e resterà sempre unito con l’anima mediante la sua grazia ed il suo santo amore. Vola con lo spirito dinanzi al tabernacolo, quando non ci puoi andare col corpo, e là sfoga le ardenti brame e parla e prega ed abbraccia il Diletto delle anime meglio che se ti fosse dato di riceverlo sacramentalmente. [..]
Padre Pio, cappuccino (Epistolario III, p.447 -448 Ed 1994)
Chi potrà mai comprendere pienamente il mistero d’amore dell’Eucaristia? San Giovanni, il discepolo prediletto, quando dovette scrivere nel suo Vangelo il racconto dell’Istituzione dell’Eucaristia non trovò parole migliori di queste per farci capire il mistero di questo Sacramento: «[...] dopo aver amato i suoi che erano nel mondo li amò sino alla fine» (Gv 13,1). L’Eucaristia è solo e soprattutto amore. Gesù non ci ha lasciato un suo ricordo, una reliquia, ma è rimasto Egli stesso su questa terra e vi rimarrà fino alla consumazione dei secoli. Non gli è bastato morire per noi, ma ha voluto che ogni uomo potesse, già su questa terra, pregustare la gioia, la dolcezza, e la felicità della sua compagnia sotto le Specie eucaristiche. Padre Pio diceva spesso: «Se gli angeli potessero invidiare, ci invidierebbero la Santa Comunione». Essi, infatti, pur stando in Paradiso, non potranno mai ricevere Gesù sacramentato come, invece, è concesso all’uomo. Sublime mistero d’amore! Un Dio che si fa pane per farsi assimilare da noi. Subito dopo la Santa Comunione, noi non esistiamo più; la nostra vita è tutta assorbita da Gesù, diventiamo Tempio vivo di Dio, più sacri del Tabernacolo e della sacra Pisside! Se credessimo che Gesù è davvero presente vivo e vero nell’Eucaristia, lo riceveremmo forse con tanta superficialità? Se dovessimo ospitare a casa nostra un personaggio importante, non ci preoccuperemmo, forse, di rendere la nostra casa pulita e ordinata? Perché allora non pensiamo che nell’Ostia è Dio stesso che viene in noi, che entra nel nostro cuore? Preoccupiamoci di rendere la nostra anima pura e senza macchia con la Confessione sacramentale e non commettiamo mai il terribile sacrilegio di riceverlo in peccato mortale. Dopo aver ricevuto Gesù, poi, perché non gli teniamo compagnia nel nostro cuore? E come se un amico venisse a farci visita e noi non ci curassimo minimamente di lui. Come dovrà sentirsi Gesù in quei quindici minuti che dimora nel nostro cuore? Proponiamoci, da oggi in poi, di preparare a Gesù un trono d’amore nel nostro cuore, chiamando Maria Santissima insieme a tutto il Paradiso e in loro compagnia adoriamolo presente in noi, ringraziandolo di tanti benefici che ci ha concesso, magari recitando una corona del Santo Rosario, come facevano san Pio da Pietrelcina e tanti altri Santi.

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