quinta-feira, 11 de dezembro de 2014

Apostoli di Maria del Terzo Millennio : Padre Stefano Maria Manelli e padre Gabriele Maria Pellettieri, i due fondatori dei Frati Francescani dell’Immacolata.

Apostoli di Maria del Terzo Millennio 

 
di MARIA DI LORENZO Il Vangelo sine glossa, in compagnia dell’Immacolata
   
Se Dio un giorno è venuto agli uomini attraverso Maria, che gli uomini potranno fare ritorno a Dio. È lo spirito che anima una famiglia religiosa in costante crescita, quella delle suore e dei frati Francescani dell’Immacolata.
  
«C'è stato un tempo nella mia vita in cui io non concepivo affatto la vita religiosa e Lui era molto lontano dai miei progetti. 
«Infatti, addirittura nel guardare le suore, spesso mi chiedevo come nella vita una persona potesse arrivare a fare una simile scelta. Pensavo questo forse perché io avevo ben altro nella testa ed ero troppo presa dal mondo. Volevo finire presto la scuola per poter lavorare e iniziare a pensare seriamente al matrimonio.
«Ma…talvolta mi accadeva qualcosa di strano: cos’era quel senso di vuoto e di tristezza che avvertivo in me? Perché talvolta mi ritrovavo a piangere senza motivo? Non capivo questi stati d’animo improvvisi, non capivo che Dio solo era capace di colmare quel vuoto che era in me… Andavo avanti pensando che un giorno, dopo aver realizzato i miei sogni, non avrei più sentito in me quel senso di vuoto e di tristezza ma mi sarei sentita finalmente felice e appagata!
«In seguito alla morte di mio nonno, poi, ho conosciuto un sacerdote, dal quale inizialmente ero andata solo perché avevo bisogno di parlare con qualcuno… Ho iniziato, quindi, ad ascoltare quotidianamente la santa messa e a ricevere Gesù ogni giorno. Pregavo tanto anche durante la giornata.
«Ovviamente tutto questo ha iniziato a cambiare la mia vita, tanto da trovare noiose quelle serate in pizzeria tra gli amici e quelle uscite del sabato sera che erano diventate per me un vero martirio.
«Che mi stava succedendo? Stavo forse impazzendo? Proprio io mi annoiavo a uscire? Eppure era così. Avevo voglia di starmene a casa, di stare da sola a pregare, forse perché nella preghiera riuscivo ad avere ciò che il mondo e i suoi divertimenti non era mai riuscito a darmi e soprattutto perché solo in quei momenti quel vuoto in me si colmava, quella tristezza svaniva. Ma ancora non capivo, chissà perché!!
«Un giorno però mentre stavo pregando davanti al Santissimo Sacramento, solennemente esposto nella mia parrocchia, ho capito che Gesù mi chiamava alla vita consacrata, che voleva cioè che diventassi sua sposa.

Padre Stefano Maria Manelli e padre Gabriele Maria Pellettieri, i due fondatori dei Frati Francescani dell'Immacolata.
Padre Stefano Maria Manelli e padre Gabriele Maria Pellettieri, i due fondatori dei Frati Francescani dell’Immacolata.

«Ammetto che io per prima sono rimasta sorpresa perché mai avrei potuto immaginare una cosa simile! Mai prima di quel momento avevo pensato alla possibilità di consacrarmi…».
Sono le parole di suor Maria V., oggi felicemente consacrata a Dio nella famiglia delle Suore Francescane dell’Immacolata. Parole che raccontano, con la spietata sincerità propria dei giovani, il suo tortuoso percorso dal buio alla luce, dalla tristezza esistenziale a quella pienezza di gioia che dà un senso vero alla vita, sperimentata attraverso l’incontro con Cristo nell’alveo accogliente di una giovane famiglia religiosa, di impronta francescana e mariana, divisa in due rami, quello dei frati e quello delle suore, complementari e distinti.
Un ritorno alle originiCorreva l’anno 1970 quando due Francescani conventuali davano inizio, nella povertà e nel nascondimento di Betlemme, a tale nuova forma di vita apostolica. Erano padre Stefano Maria Manelli e padre Gabriele Maria Pellettieri, che il 2 agosto 1970, nell’alta Irpinia, presso il santuario di Maria Santissima del Buon Consiglio di Frigento (Avellino), cominciavano un’esperienza di vita basata sulla Traccia mariana di vita francescana, ispirata a padre Kolbe.
Accogliendo l’invito del Vaticano II, espresso nel Perfectae Caritatis, a tornare alle fonti della spiritualità vissuta dai fondatori, i due sacerdoti cercavano di far propria l’eredità del loro padre san Francesco, filtrata dall’esperienza di san Massimiliano Kolbe. Fin dal 1965 essi "rivisitano", meditandoli, gli scritti del santo martire polacco e le fonti francescane. Si tratta di una «meditazione personale, silenziosa e profonda, fertile di esami e revisioni di vita, suscitatrice di impulsi e aspirazioni celesti via via più imperiosi ed impellenti», come scriverà più tardi fratel Italo Cammi nel ricomporre la storia dell’istituto.
Nella vigilia del Natale del 1969, dopo un periodo di permanenza ad Assisi, padre Stefano, incoraggiato dal padre provinciale, scrisse una lettera al padre Basilio Heiser, Generale dell’ordine, rimettendo al suo giudizio l’opportunità o meno di assecondare quel desiderio di avviare un’esperienza di vita rinnovata. La risposta del superiore non tardò, anzi indusse padre Stefano a stilare una sorta di programma di vita.
Il 21 aprile del 1970 il padre Generale poteva così esaminare il programma, chiamato Traccia mariana di vita francescana, intravedendo in essa la novità dello Spirito: «Qui – affermò rivolto al padre Manelli – c’è molto di più di quello che c’è nelleCostituzioni dell’Ordine. Ma se è proibito fare di meno delle Costituzioni, non è mai proibito fare di più. Avanti, dunque!». Nasceva così l’Istituto dei Francescani dell’Immacolata, che il 1° gennaio 1998 veniva riconosciuto da Giovanni Paolo II di diritto pontificio.
Padre Stefano aveva dato inizio alla prima Casa Mariana con padre Gabriele, che fin da subito si era dimostrato entusiasta verso la nuova proposta. Gli inizi avvennero in un luogo poverissimo e malmesso, solitario e fatiscente, che ricordava ai frati la povertà di Betlemme, ma pure gli inizi francescani: era il 2 agosto 1970, ricorrenza di santa Maria degli Angeli.
Come san Francesco affidò l’ordine dei Frati Minori alla Madonna degli Angeli, così padre Stefano tiene a precisare che fin da allora «ogni Casa Mariana deve essere una Santa Maria degli Angeli, dove l’Immacolata è la Regina e i frati sono i suoi angeli».

Padre Stefano Maria Manelli e padre Gabriele Maria Pellettieri con le Suore.
Padre Stefano Maria Manelli e padre Gabriele Maria Pellettieri con le Suore
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Una "marianità" radicaleLe prime grazie, indubbiamente le più grandi, sono state le numerose vocazioni. Già dal 1971 arrivano alcuni giovani, chiedendo di seguire l’ideale francescano e di consacrarsi a Dio e all’Immacolata. I luoghi di provenienza sono i più disparati, dall’Alto Adige alla Sicilia, ma anche dall’estero: Europa, Stati Uniti, Filippine. Giungono in un paese piccolo dell’Alta Irpinia, apparentemente privo di interesse e di attrattive, per vivere nella povertà più assoluta.
Arrivano anche le vocazioni femminili e la famiglia religiosa si arricchisce assai presto di un nuovo ramo, quello appunto delle Suore Francescane dell’Immacolata. Anche questo, come il ramo maschile, mostrò nel giro di pochi anni una sorprendente vitalità, con la fioritura di molte vocazioni, la nascita di case e fondazioni in varie parti del mondo, e la realizzazione di numerose opere di evangelizzazione, tradizionali e moderne, secondo lo spirito missionario e mariano del loro specifico carisma.
Tale carisma è appunto espresso dalla Regola Bollata di san Francesco d’Assisi, insieme alla Traccia mariana di vita francescana, che ripropone, in luce mariana appunto, la più genuina vita francescana di preghiera, povertà, penitenza, carità e apostolato ad gentes.
C’è da dire infatti che ciò che definisce la peculiarità carismatica di questo nuovo ramo della grande famiglia francescana è proprio la sua "marianità", vissuta in modo radicale, assoluto.
Ancor oggi, per chi non entra nello spirito di questa radicalità, può suonare stonata la scritta che accoglie il visitatore nella loro casa di formazione: «Vieni a morire di fame, di fatica, di umiliazioni e di sofferenze per l’Immacolata – P. Kolbe»; eppure essi hanno accolto questa sfida, vivendo e sentendosi come «proprietà dell’Immacolata».
È questa infatti una nota loro caratteristica: dalla vita e dagli scritti del Kolbe, i frati hanno ricevuto l’invito a professare un quarto voto di consacrazione illimitata all’Immacolata. Questo voto consiste nel «consacrarsi all’Immacolata in maniera totale e incondizionata, in assoluta proprietà, nello spirito della missionarietà senza riserve, così che ella possa fare del frate o della suora quel che vuole senza limiti».
Il voto – come tengono a sottolineare i fondatori – è l’elemento «costitutivo ed essenziale» della loro forma di vita. Ma in concreto questo voto che cosa comporta? Anzitutto l’imitazione delle virtù di Maria e l’offerta totale di sé all’Immacolata e, legata a questa, la disponibilità missionaria e l’ansia apostolica di creare molte Città mariane nei diversi continenti, svolgendo un apostolato mariano a vasto raggio, con ogni mezzo (carta stampata, radio e Tv, Internet, missioni ad gentes).
Ci sono anche espressioni esterne del voto, visibili nella quotidianità. Tra di esse l’abito religioso, di colore azzurro (mariano) e cinerino (penitenza), stretto alla vita da un cingolo con quattro nodi (i quattro voti), e una medaglia miracolosa che i frati portano appuntata sul saio.
Singolare poi anche il saluto «Ave Maria!» che essi rivolgono: è un modo, spiegano, di riconoscere nell’interlocutore la presenza stessa della Madre di Dio. A lei sono dedicate tutte le comunità e le case, che portano tutte una denominazione mariana e che sono tutte coronate, nel punto più alto, da una statua della Vergine.
È una realtà vasta e ricca, dunque, quella dei Frati Francescani (e delle Suore) dell’Immacolata, scaturita da un ritorno al francescanesimo delle origini e, soprattutto, da una fiducia illimitata nella Vergine Maria, nel segno dell’eredità di padre Kolbe. Un modo di vivere il Vangelo sine glossa, agli albori del terzo millennio, in compagnia dell’Immacolata.

Maria Di Lorenzo
  

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